martedì 27 aprile 2010

Un libro un film - A voce alta di Bernhard Schlink

Come si vive all’ombra di uno dei più grandi crimini della storia? Cosa succede quando un’imprevista verità ci rivela che una persona amata è macchiata da quegli stessi crimini? A chi si riserva il perdono? Il perdono cancella la pena?


Apre interrogativi profondi il romanzo A voce alta di Bernard Schlink (titolo originale Der Vorleser) da cui il regista Stephen Daldry (lo stesso di The Hours e Billy Elliot) ha tratto il film The Reader. Interrogativi che ancora scuotono le anime delle generazioni tedesche del dopo guerra (e dell’intera Europa) e non troveranno risposta nel tentativo di spiegare l’inspiegabile ma solo il sofferto riscatto della memoria e della trasmissione.

Protagonista e voce narrante è Michael Berg, adolescente berlinese che tornando da scuola viene soccorso, in seguito ad un malore, da Hanna Schmitz, donna enigmatica e affascinante che si guadagna da vivere come bigliettaia di tram. Nonostante la differenza di età tra i due nasce una storia d’amore fatta di accudimento, sesso e letteratura. Michael legge per Hanna, a voce alta. Poi la donna scompare misteriosamente e l’esperienza vissuta segna profondamente la vita e l’identità di Michael che rivedrà Hanna solo molti anni più tardi, imputata in un processo a criminali di guerra nazisti.

Schlink, giudice e professore di legge, affronta i temi etici che emergono dai fantasmi della storia legati al genocidio di massa non dalla parte delle vittime ma guardando gli eredi del passato nazista. Chiede ai lettori fino a che punto si possa ritenere la generazione post bellica responsabile delle colpe dei padri e delle madri e se mai sia possibile fare ammenda di tali atrocità. Si chiede quanto la demonizzazione dei nazisti non sia anche misura di sopravvivenza, ovvero forzata divisione tra Noi e Loro. Ma chi annoverare nell’elenco dei Loro se il confine tra chi agisce e chi guarda senza gridare appare a volte così labile?

Hanna nasconde un segreto, una debolezza che non è disposta a confessare a nessun costo, nemmeno nel corso della sua ostinata difesa, nemmeno a sua parziale discolpa. Una vergogna apparentemente innocente per la quale accetta di diventare una criminale e assitere allo strazio di vittime innocenti. Il suo segreto, che appare a prima vista come elemento di casualità, è posto da Schlink al centro del romanzo come origine di tragedia, dunque come normalità del male, come banalità del male. Un male non più percepito come tale da corpi anestetizzati da altrettanto male, incapaci di compassione e incapaci di umanità.

Ritenuto a ragione un romanzo filosofico, A voce alta accompagna il lettore nello spazio più buio dell’animo umano aggrappato al salvagente della ragione e della parola scritta e raccontata.

Elena Bellei, conduttrice del Gruppo di Lettura della Biblioteca Delfini

giovedì 22 aprile 2010

Un libro un dono



Elizabeth von Arnim, Il giardino di Elizabeth, Bollati Boringhieri 2001
Elizabeth non coltiva le virtù delle donne di casa tedesche, non ama cucinare né cucire né spolverare. Alla casa preferisce il giardino, circondato da fiordalisi e prati, da grandi distese di brughiere sabbiose e da foreste di pini, non lontano dalle spiagge fredde del Baltico.


E’ considerata un’eccentrica per quel suo rimanere per ore in giardino a leggere, e perché diversamente dai suoi conoscenti è “capace di intrattenersi con se stessa per settimane di seguito e incapace di condividere la frenesia di stare sempre con i propri simili”. Fortunatamente la vecchia casa si trova in un angolo di mondo abbastanza fuori mano da scoraggiare i visitatori occasionali ed Elizabeth non deve temere troppe invasioni della sua solitudine.


Trascorre i mesi invernali a leggere manuali di giardinaggio e a consultare cataloghi di bulbi e sementi, compila liste di acquisti e progetta nuove aiuole e nuovi angoli fioriti. Da febbraio alla fine dell’estate è alle prese con i giardinieri, generalmente inesperti ma comunque restii ad accettare i consigli di una donna: “tedeschi zelanti capaci di disegnare bordure perfette con i fiori allineati come soldati schierati in parata”. Ad Elizabeth invece piace sperimentare accostamenti originali di colori e profumi; a volte esagera e allora in estate il giardino è tutto di piselli odorosi e le bordure fitte di esperidi nascondono il resto. Dai suoi viaggi in Inghilterra porta le zucchine e le primule che riesce ad adattare, come le rose tea, al clima freddo e siccitoso della Pomerania.


Il giardino di Elizabeth è un mondo a parte, dove può godersi “libri, bimbe, uccelli e fiori” e, in inverno, “immergersi in un bagno di purezza”. Dentro casa c’è il marito (l’Uomo della Collera) che tollera a stento le passioni della moglie ed è pienamente complice della società che riconosce alle donne solo la virtù della sottomissione.


Contro il comune sentire del suo tempo, Elizabeth coltiva la felicità perché “più salutare e rinvigorente … di qualsiasi cumulo di tribolazioni e di dolori”.


Leggendo questo libro ci dimentichiamo che l’autrice è vissuta a metà dell’Ottocento tra le rigide convenzioni dell’aristocrazia prussiana e possiamo ripetere con lei: “che cosa deve fare uno quando la sua coscienza è limpida, il suo fegato funziona bene e il sole splende?” Chiuso il libro non ci rimane che uscire a comprare viole e celidonie per il davanzale della nostra stanza preferita.

Questo è il primo post su uno dei libri che ci siamo scambiati a Natale. Tutti sono invitati a commentare anche a partire dalla lettura della loro strenna oppure di un altro libro ricevuto in dono.

venerdì 2 aprile 2010

Autori di passaggio - Mario Perrotta



Mario Perrotta ha dieci anni quando da solo, una volta al mese, prende il treno che parte da Lecce per andare a Milano a farsi controllare l'apparecchio dei denti e a trovare il padre che lavora a Bergamo. In ogni viaggio viene affidato ad una famiglia di emigranti scelta a caso e così il piccolo Mario dà libero sfogo alla sua fantasia che immagazzina immagini e racconti “rubati” ai viaggiatori. Ogni tappa del viaggio corrisponde ad una stazione ferroviaria e ad un capitolo del libro, in cui il vissuto degli emigranti, i loro desideri e le loro aspirazioni s'impastano con il rumore del treno che attraversa lo “stivale italiano”. Romanzo corale, Emigranti esprèss (Fandango 2008) rievoca vicende passate e presenti nella storia grande e piccola degli emigranti di tutto il mondo.



(Biblioteca Delfini, 15 aprile 2010, ore 17)
http://www.marioperrotta.com/
http://www.migrantipuglia.it/