sabato 27 marzo 2010

Un libro un film. Sesto incontro del GdL (25 marzo 2010) - Fahrenheit 451

Tra gli scrittori americani di fantascienza, Ray Bradbury è sicuramente il più 'letterario', un poeta della fantascienza, verrebbe da dire, che in Fahrenheit 451 ha alternato ad uno stile quasi lirico, una scrittura asciutta, più aderente al fatto raccontato piuttosto che all'evocazione emotiva.

Proprio le emozioni sono descritte benissimo in Fahrenheit 451, in cui Bradbury è in grado di suggerire la tenerezza e la grazia provate da Montag nell'incontro con Clarisse McClellan – che scatenerà poi il sommovimento interiore del pompiere –, ma anche di provocare puro terrore con la descrizione dell'infallibile quanto spietato istinto assassino del segugio meccanico. A volte, la scrittura è talmente intrisa di emozioni che certe frasi risultano perfino incongruenti, sconnesse, dove anche la logica narrativa è vittima dei turbamenti dell'animo.

Fahrenheit 451, sebbene pubblicato per la prima volta nel 1951, è un libro di forte attualità, lucidissima premonizione di un futuro che sembra aderire perfettamente al nostro presente, in cui una TV invadente stordisce gli spettatori che, credendosi attori dello show grazie ad una forma di interattività consolatoria, non percepiscono il pericolo di una passività acritica. Fahrenheit 451 è un libro decisamente politico, vicino alla 'fantascienza sociologica' alla Orwell e per certi versi anticipatore della 'fantascienza post-apocalittica' di Cormac McCarthy in La strada.

Diversi sono i temi che informano il romanzo: la lotta per la ricerca dell'autenticità, che rimanda al mito della caverna, nonché a quello della reminiscenza di Platone; la difesa del ricordo, della memoria e della storia, in grado di salvare l'uomo dal ripetere sempre gli stessi errori; l'alleanza, indispensabile per la costruzione di una nuova società; la moderazione, la modestia, l'umiltà che Faber, in particolare, propone come migliore modalità di trasmissione di una verità; il rifiuto del dolore e dell'infelicità che porta le partorienti a richiedere ossessivamente il taglio cesareo o Mildred a dimenticare addirittura di aver tentato il suicidio.

La luna compare sempre in momenti chiave, che suggellano i cambiamenti morali ed etici di Montag, come se la sua evoluzione interiore fosse segnata dalle fasi lunari. Proprio Montag sembra essere l'emanazione terrena della luna: il suo nome, in tedesco, è il giorno della luna, il lunedì, così come il lunedì è il giorno della settimana in cui si bruciano il libri di poesia, di cui il romanzo è così permeato.

Invece Faber è l'uomo che fa, colui che ha a disposizione non solo gli strumenti per comprendere la società in cui vive, ma anche congegni tecnologici utili alla comunicazione. Faber, raccogliendo il testimone di Clarisse, la ragazza luminosa, che porta la luce (paradossalmente S. Chiara è la patrona della televisione...), fa rinascere Montag, riplasmandolo come uomo nuovo, consapevole e critico.

Rimane un dubbio sull'intenzione – o meno – del capitano Beatty di andare incontro alla morte: forse Beatty può aver vissuto lo stesso dramma di Montag, decidendo alla fine di rimanere fedele al regime; forse la sua cultura, fatta di tante letture, lo ha portato a vedere nella morte l'unica via d'uscita da un mondo privo di quei libri da lui stesso amati; oppure, al contrario, i libri letti nel passato sono rimasti un'onta per un ufficiale della repressione e, dunque, un peccato da espiare con la vita.

Taluni aspetti infantili del libro sono enfatizzati nel film di Truffaut, in cui la cittadina che ospita gli eventi sembra una costruzione fatta di mattoncini colorati. L’attrice Julie Christie è sia Mildred che Clarisse, un doppio che bene evidenzia l'ambiguità dell'essere umano. Indimenticabili le scene in cui la camionetta dei pompieri avanza conducendo uomini-fantoccio impettiti, immagine che vuole forse mettere in ridicolo le pose stereotipate degli uomini di potere delle dittature.

Se fossi uno dei protagonisti della resistenza di Fahrenheit 451, quale libro impareresti a memoria per preservarlo dall'oblio?

martedì 23 marzo 2010

Un libro un film - Fahrenheit 451 di Ray Bradbury



In una ipotetica società del futuro, la lettura, sorgente di dubbio e riflessione, è considerata atto antisociale e vietata per il bene della collettività. Un corpo speciale di pompieri/incendiari è incaricato di cercare i criminali che nascondono libri e appiccare il fuoco. Ma Guy Montag, fiero incendiario, convinto dell'utilità sociale del suo mestiere, subisce d’improvviso il fascino delle parole di una ragazzina, Clarisse, che ama conversare, sentire il profumo delle cose, e camminare di notte ad aspettare il sole che si leva. Clarisse gli fa sapere che… "c’è della rugiada sull’erba, la mattina presto" e gli chiede conto della sua felicità. La fede purificatrice di Montag vacilla e la sua coscienza si interroga. Montag non comprende più il significato della sua vita, sottoposta allo sguardo indagatore di un grande fratello, di orwelliana memoria, in dialogo perenne con gli schermi/pareti che gli somministrano propaganda, alienato dai suoi stessi sentimenti, per l’imposizione dall’alto di uno stato d’animo di fasullo ottimismo. Montag si ribella e l’aspettativa del lettore oscilla tra l’incitamento alla libertà e il timore della punizione. Scopriremo che anche lui nasconde libri e che con un gesto di coraggio incosciente ne leggerà una pagina alla moglie e alle amiche di lei, nel salotto di casa. Una libertà che procurerà lacrime (proibite) e costerà cara al nostro eroe, presto denunciato proprio dalla moglie Mildred. Inizierà così la sua fuga da ricercato e grazie ad una figura chiave del romanzo (che scompare nella versione cinematografica di Truffaut), l’anziano professore Faber, potrà raggiungere gli uomini-libro, che vivono ai margini della società salvaguardando dalle fiamme i testi più amati, imprimendoli nella memoria. Sono loro i veri vincitori perché conservano la memoria "fino a quando - dice un brano chiave del romanzo - le tenebre di un nuovo Medio Evo non ci costringeranno a ricominciare tutto da capo". Fahrenheit 451 resta un testo culto per chi ha a cuore la lettura e la letteratura. L’autore appare incredibilmente visionario nella sua anticipazione di quella che sarà la dittatura del protagonismo televisivo, dell’ottimismo forzato e della patologica distanza dalla natura più autentica degli esseri umani. Sbalorditiva e per certi versi inquietante la preveggenza dell’autore, che scrive il romanzo nei primi anni '50 e denuncia già all’epoca l’obbligo imposto dal potere a una esistenza intossicata dal consumo, intorpidita dalla pigrizia mentale, infastidita dalla riflessione. Una sorta di dono da parte dell’autore, la trasmissione di un allerta per la deriva autoritaria della società e l’indottrinamento che troverà nella televisione il suo miglior alleato. E che infine lo spinge ad un appassionato richiamo alla resistenza, di fronte all’umiliazione dell’intelligenza e della fantasia.

Elena Bellei, conduttrice del Gruppo di Lettura della Biblioteca Delfini

giovedì 18 marzo 2010

Leggere il padre


Continuiamo con questo gioco, di onorare le ricorrenze non con i fiori e i cioccolatini (o non solo con i fiori e i cioccolatini) ma anche con le letture.
Tre proposte, per cominciare: Benedetta Tobagi, Come mi batte forte il tuo cuore. Storia di mio padre, Einaudi 2009. Per introdurlo, alcune righe tratte dalla recensione di Roberto Saviano, apparsa su Repubblica.
"Molti libri iniziano davvero nel titolo. Il titolo non è lì a sintetizzare, a suggestionare, a indicare. Il titolo è già un capitolo, anzi è il primo capitolo del libro. In questo caso, per il libro di Benedetta Tobagi, il titolo è davvero fondamentale. Non solo perché è il più bel titolo di un libro uscito negli ultimi anni, ma perché è capace di suggerire senza tradire tutto quanto ci sarà dentro quelle pagine che protegge come un sigillo. Come mi batte forte il tuo cuore: il verso della poetessa Wislawa Szymborska. E il sottotitolo è Storia di mio padre. Il padre di Benedetta è Walter Tobagi, il giornalista del Corriere della sera ucciso nel maggio del 1980 a Milano, dai terroristi della Brigata XXVIII marzo [...]
Quello che Benedetta Tobagi fa è togliere al padre l'elmo da eroe. Proprio nei modi raccontati da Omero. Ettore, prima della battaglia, si avvicina a salutare il piccolo Astianatte che però scoppia a piangere, perché non lo riconosce. Ettore allora si toglie l'elmo e Astianatte gli salta al collo. Benedetta Tobagi fa lo stesso: 'Imbarcarmi in una duplice ricerca intorno alla persona pubblica e privata di mio padre è stato il modo di sfilargli l'elmo impostogli dalla retorica postuma' [...].
Questo libro non poteva essere scritto che da una persona nata in una famiglia di persone che si amavano. E' una fesseria credere che le famiglie felici si somiglino tutte e quelle infelici sono infelici ognuna a modo suo. Ancha la felicità ha una declinazione tutta sua".

Seconda proposta: Alda Merini, Padre mio, Frassinelli 2009, l'ultimo libro di Alda Merini, dedicato alla memoria del suo padre spirituale David Maria Turoldo, di cui dice:
"Volevi che tutto fosse un ringraziamento
una parola pura
capace di scendere e di risalire
come se l'universo fosse la gola di un canto".
E nell'ultima lirica di Padre mio, gli mette in bocca queste parole:
"[...]da qui ti guardo,
da ogni luogo in cui tu respiri.
Anche se non credi
io ti porterò con me
sulla cima dell'universo
dove tu potrai vedere
le tempeste della tua vita.
E scoprirai quel giorno
che Dio fa una cosa sola:
disperde il nostro profumo
nell'infinito
per dare vita al Suo respiro."

La terza proposta è Virginia Galilei, Lettere al padre, Salerno 2002. Il volume raccoglie le lettere che, tra il 1623 e il 1633, Virginia Galilei, figlia del celebre scienziato, scrisse al padre. Virginia, figlia naturale, e perciò destinata alla vita monastica, con il nome di Suor Maria Celeste, si rivolge all'illustre padre chiamandolo "Vostra Signoria" e fa accompagnare le sue missive da piccoli doni (dolciumi confezionati da lei, come cedri canditi e cantucci). Per Virgina scrivere è una occupazione vitale ("restringo in questa carta tutto quello che gli cicalerei in una settimana") e con ansia aspetta le lettere del padre ("Metto da parte e serbo tutte le lettere che giornalmente mi scrive V.S. e, quando non mi ritrovo occupata, con mio grandissimo gusto le rileggo più volte"). Dietro il velo della modesta cronaca quotidiana, queste lettere fissano in realtà uno sguardo drammatico sulla società del tempo che ebbe in Virginia monaca clarissa, col nome di suor Maria Celeste - una testimone d'eccezione. Dalle sue lettere traspare, oltre all'attaccamento al padre e alla partecipazione al dolore per la condanna del Sant'Uffizio, una descrizione della vita monastica fatta più di brividi di freddo e languori di debolezza che di estasi e rapimenti mistici.

lunedì 8 marzo 2010

A tutte le donne


A tutte le donne

Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l'emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d'amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d'amore.


Auguri a tutte le donne.
Se avete un libro da consigliare, dall'8 marzo in poi, segnalatelo qui: donne autrici, donne protagoniste, biografie di donne, donne e scrittura.


mercoledì 3 marzo 2010

Un libro un film. Quinto incontro del GdL (25 febbraio 2010) - Ritratto di signora


In Ritratto di signora, oltre a Isabel Archer, sono protagoniste l'America e l'Europa. L'America è il luogo dell'emancipazione di giovani donne che aspirano all'autonomia: le stesse ragazze costrette, in Europa, a viaggiare accompagnate da uno chaperon. Henry James rende complesso un personaggio frutto della cultura americana, una ragazza in cerca di autorealizzazione, felicità e indipendenza – parole chiave della Costituzione americana –, che viene 'compromessa' e invischiata dalle convenienze e consuetudini europee.

Ritratto di signora è un romanzo di formazione, il motore delle vicende è la ricerca di libertà della protagonista. Isabel è una sognatrice e non una ragazza matura; lo diventerà, tramite le traversie della vita. Ma affronta le difficoltà assumendosi ogni volta il peso delle sue scelte. La scelta che ne segnerà il destino – innamorarsi dell'unico uomo malvagio che le si è avvicinato – resta pur sempre un errore comune e ancora attualissimo: il masochismo tutto femminile di subire, e cedere, al fascino del male e dell'arroganza.

Accanto a un universo maschile bipolare, in cui il solo Osmond si contrappone ad una pletora di uomini perbene, le donne del libro sono la rappresentazione di altrettante tipologie di femminilità. Tanti ritratti di signora e, forse, varianti della triade Pansy-Isabel-Madame Merle, che rimanda simbolicamente a tre stadi della vita della donna. Fasi della vita da intendersi non solo anagraficamente, ma come lettura pessimistica dell’ingenuità adolescenziale che si tramuta in furbizia calcolatrice, passando attraverso il disincanto e l’amarezza.

Il denaro è il congegno che innesca l’intera vicenda: la ricchezza che da Mr. Touchett, attraverso Ralph, passa ad Osmond, rende l’ignara Isabel un semplice strumento. Se all'inizio Isabel sembra utilizzare coscientemente il proprio denaro per avere potere su Osmond, in seguito diventa un manichino nelle sue mani. Osmond, pura crudeltà, tratta la propria vita, e quella di chi lo circonda, come un'opera d'arte, sacrificando il sentimento all’estetica .

Viene proposto un confronto – tutto interno ai libri letti dal Gruppo di Lettura – con Revolutionary Road di Yates: Ralph, come John, solletica i personaggi a ragionare, a vedere oltre le convenzioni. Mentre Isabel, April ante-litteram, subisce la fascinazione della cultura europea e, allo stesso modo, si lascia sedurre 'dall'uomo più interessante che abbia mai conosciuto'.
Sempre Ralph, malato come Henry James, può essere considerato il suo alter ego, colui che crea le condizioni affinché le vicissitudini di Isabel prendano il via.

Nell'ultima pagina Isabel è come abbagliata dall'illuminazione della passione fisica, fino a questo momento espulsa completamente dall'opera. Se il libro è misurato, privo di qualsiasi riferimento alla sessualità dei personaggi, il film restituisce loro una carnalità altrimenti assente. Il film, che perde molto nel confronto con la finezza dell'indagine psicologica di James, vede però una magistrale interpretazione 'luciferina' di John Malkovich.

Come ha sostenuto lo stesso James, il finale del libro è apertissimo. Isabel torna a Roma e lascia Osmond o si sottomette a lui? Ricomincia con un nuovo amore? Salva Pansy o la abbandona al suo destino? L'immaginazione, la qualità più spiccata di Isabel, può quindi soccorrerci nel provare a fantasticare su cosa potrebbe aver fatto la giovane Archer dopo il bacio con Caspar Goodwood.

La memoria, invece, può aiutarci a integrare il resoconto, volutamente lasciato incompleto, proprio per dare spazio agli spunti e alle riflessioni di chi ha partecipato all'incontro di giovedì scorso.

martedì 2 marzo 2010

Autori di passaggio - Keiko Ichiguchi

Dopo il successo dei precedenti Perché i giapponesi hanno gli occhi a mandorla e Anche i giapponesi nel loro piccolo si incazzano, in questo nuovo saggio dal titolo Quando i giapponesi fanno ding la mangaka dal Sol Levante Keiko Ichiguchi si sofferma su alcune curiosità onomatopeiche della lingua nipponica, sui rituali che ruotano attorno a funerali e matrimoni, sulla moda bizzarra che fa impazzire le donne giapponesi e altri aneddoti ancora, ma ci coinvolge anche su problemi più seri e di grande attualità come il bullismo e la discriminazione al femminile. Ad esempio, sapete cosa significa per i giapponesi avere la 'sindrome della torta di Natale'? O ancora, qualcuno è a conoscenza di come vengono costruite le statue di Budda nei tempi giapponesi vicino a Osaka? E, infine, perché i giapponesi percepiscono i versi degli insetti con l'emisfero sinistro e noi occidentali con il destro?
A questi e altri divertenti o più seri interrogativi, potrete trovare risposta leggendo l'ultimo saggio di Keiko Ichiguchi Quando i giapponesi fanno ding (Kappa Edizioni, 2009).

(Keiko Ichiguchi, Biblioteca Delfini, domenica 14 marzo, ore 17)