lunedì 28 febbraio 2011

Leggere con Ugo Cornia - verso "La cantina", di Thomas Bernhard


Un giorno un ragazzo arrivato a un incrocio decide che invece di andare verso il centro della città, cioè verso il suo liceo, andrà nella direzione opposta, cioè verso la periferia e verso l’ufficio del lavoro e alla fine verso la drogheria del Podlaha. Lì, in quella drogheria, esercitandosi nel commercio, scoprirà la felicità, e questa felicità durerà per un po’ di tempo. Poi, come al solito, per un motivo o per un altro, le armonie che uno riesce a creare nella propria vita si rompono, tutto va a rotoli e se si scampa bisogna ripartire. Questo libro, “La cantina”, è uno dei cinque volumi dell’autobiografia di Thomas Bernhard, un libro che io ho letto e riletto con grande piacere e divertimento. Anche se in realtà qui l’autore, scaricando sacchi di patate mentre sta piovendo a dirotto, inaugurerà una specie di suo lungo itinerario nella malattia, il libro a me è sempre sembrato un bellissimo trattato sulla salute mentale e vitale.



Ugo Cornia, conduttore del Gruppo di lettura

Un libro, un film - 24 febbraio 2011 - L'età dell'innocenza

L’età dell’innocenza è il titolo di un quadro di Joshua Reynolds, che ritrae una bambina seduta in un prato mentre guarda lontano.
Ma qual è o cosa rappresenta realmente ‘l’età dell’innocenza’? Senza dubbio non corrisponde ad un concetto generazionale e non si può identificare con una giovinezza anagrafica. Varie sono le ipotesi possibili, allora. Tra queste, l’idea che l’età dell’innocenza potrebbe coincidere con una visione ingenua dell’amore e della vita assume forza solo se intesa in maniera ironica: in realtà sono proprio i cosiddetti innocenti a sapere qualsiasi cosa, di tutto e di tutti, mentre chi è ‘contaminato’, vittima di tentazioni esterne al sistema, ignora tantissime cose. A questo punto, viene da credere che la vera innocenza sia quella rappresentata da Newland Archer, falso rivoluzionario in grado di contraddire le convenzioni a parole - solo a parole -, ma così calato all’interno della struttura sociale da non rendersi conto, come i pesci nell’acqua, di non poter fare a meno delle buone regole della società. Eppure Newland sembra essere più inconsapevole che innocente, più immaturo che candido.

Archer non è scaltro: a differenza di Ellen, crede nell’esistenza di un luogo dove poter conservare la passione, l’illusione. Scopre solo nella maturità come ogni suo pensiero o pulsione non fosse un segreto nemmeno per la moglie. Ma anche Ellen, inizialmente, è un’innocente, completamente all’oscuro del meccanismo critico che la vede protagonista. Addirittura May, per l’intero libro modello di innocenza, rivela nel finale di aver compreso e manipolato più di quanto non fosse lecito pensare. Così, forse, l’innocenza è uno stadio iniziale, comune a tutti i protagonisti.

In genere prevale un’accezione positiva all’innocenza (sono i bambini, per antonomasia, ad essere innocenti). L’innocente è colui che non nuoce e sia Newland Archer che Ellen Olenska rinunciano alla loro scelta d’amore per non creare il caos, per non ledere al buon funzionamento della società, di cui non possono non continuare a far parte. Proprio rinunciando a New York e ritornando in Europa, Ellen può continuare a far parte della famiglia e della buona società newyorkese.

Anche la sessualità repressa può essere considerata una forma di innocenza. Il lusso non è passionale, anzi sembra irrigidire ancora di più ogni forma di contatto umano: le uniche scene connotate dal desiderio e dal trasporto emotivo non avvengono nella sontuosità delle ville, ma nelle dépendance o in giardino o in carrozza.

Innocente è pure il periodo storico in cui è ambientata la storia, plasmato da un sistema sociale come quello americano, convinto di essere sempre nel giusto, privo di qualsiasi dubbio morale, auto-referente quanto auto-celebrativo, eppure talmente immaturo da ignorare – ed esserne compiaciuto – tutto ciò che capita nel resto del mondo. Quello americano è un sistema che ripropone le tradizioni provenienti dall’Europa con un accanimento che non appartiene al modello originario.

Anche per questo il libro è una critica di Edith Wharton ad una supposta ‘età dell’innocenza’. Un titolo ossimoro, quindi, e una parola, ‘innocenza’ appunto, che compare nel testo solo tre volte, tutte in un paragrafo in cui è svilita come colei che «sigilla la mente contro l’immaginazione e il cuore contro l’esperienza». D’altro canto, però, la critica di Wharton non è avulsa dalla convinzione dell’impossibilità di vivere senza regole, nella naturalità o in balia delle passioni: la vera gioia non esiste, in quanto è sempre necessario sacrificare qualcosa ad una causa superiore. È il caso di Ellen e Newland, ma anche, dal punto di vista politico, la scelta della Francia durante la Prima Guerra Mondiale: rinunciare al bene del singolo per il bene generale.

Eppure questa buona società, seppur finta ed ipocrita rivendica valori condivisibili, come l’onore e l’onestà negli affari. Se si rispettano questi principi, però, il rischio è quello di perdere se stessi, idea evocata anche dalle immagini del palcoscenico su cui è rappresentato il Faust.

Il libro, denso di immagini indimenticabili, è in qualche modo un saggio di antropologia il cui oggetto di indagine è la tribù, la famiglia vista all’interno della società, non senza suggestioni da Frazer e il suo Ramo d’oro.

mercoledì 23 febbraio 2011

Il salotto del martedì - 15 febbraio 2011 - Il diario di Jane Somers


Che libro, stavolta! Lo ammette anche Giorgio, che finora non si era granché riconosciuto nelle scelte del gruppo: nel “Diario di Jane Somers” di Doris Lessing c'è davvero qualcosa che parla a tutti noi.
Sarà che siamo un po' tutti nella fascia d'età in cui come minimo ti capita una vecchia zia da accudire. Più spesso, un genitore, e queste sono esperienze che ti cambiano dentro. Come dice Luisa, è nel rapporto con la madre anziana che ci si auto-educa e si nasce una seconda volta: quando sei tu la madre e lei è la bambina, allora a parti rovesciate si ricrea il rapporto-base della vita; così va tutto al suo posto, e il cerchio si chiude.
Va bene, dice qualcuno: ma quando non c'è un rapporto di parentela? Si può sapere perché Janna si prende tanto a cuore una sconosciuta, che non le è madre ed è tanto lontana da lei e dal suo mondo? (In effetti la diversità tra le due è tanto grande che a qualcuno sembra un espediente letterario). Ecco: perché? Una gran parte delle motivazioni di Janna risiede nel senso di colpa per non aver saputo affrontare adeguatamente la malattia e la morte della madre e del marito. Ma c'è anche qualcosa di più oscuro ed istintivo: l'immediato flusso di empatia che fa volgere la protagonista verso Maudie e non verso l'altra vecchietta cui il desiderio di “dedicarsi agli altri” l'aveva inizialmente indirizzata. E bisogna riconoscere che Maudie è così autentica, così forte, fiera, irriducibile nella sua orgogliosa povertà che sembra davvero di sentirne l'odore nelle narici e di vederne i rabbiosi occhi azzurri. È questo che fanno i grandi scrittori: ti fanno “vedere” le cose.
D'altra parte, un essere vero e vitale come Maudie non si limita a prendere; dà anche, e generosamente. La vecchietta regala storie, e Janna le prende e le fa sue, tanto da ricavarne materiale per un libro. In questo scambio c'è amicizia, anzi addirittura amore. Che differenza rispetto alla freddezza del rapporto mercenario o all'aiuto delle cosiddette “buone vicine”(va detto comunque che abbiamo sommamente invidiato il Welfare di quell'Inghilterra anni '80!).
Insomma, ci poniamo la domanda: è sufficiente l'assistenza pubblica, o il volontariato, a dare calore alla nostra vecchiaia? Una possibile soluzione potrebbe essere guardare gli altri con sguardo amoroso. È qualcosa che può nascere anche al di fuori della famiglia, istituzione non particolarmente apprezzata in questo libro (basta guardare i terribili parenti della vecchietta, che si rifiutano addirittura di pagarle il funerale).
Tutto sommato un altro “filo rosso” che percorre il romanzo potrebbe essere la critica alla famiglia tradizionale. Guardiamo come la sorella di Janna educa - o meglio non educa - i figli, guardiamo come Joyce, l'amica della protagonista, sacrifica tutto sull'altare della famiglia (o dell'amore) ed abbandona il suo lavoro per seguire in America un marito che sarebbe stato altrettanto contento di portarci l'amante. Beh, forse l'autrice vuole dirci che la vera famiglia è quella che si sceglie, non quella che ci è data in sorte.
Osserva Ivana che in diversi romanzi della Lessing compare quello che è probabilmente un tratto autobiografico, il rapporto con una nipote. Anche qui c'è la figura di Jill, la giovane nipote di Janna, che sembra raccoglierne il testimone nel momento in cui la protagonista, alla fine del suo interiore percorso di crescita, riduce i suoi impegni lavorativi per imparare a comportarsi “come un essere umano, non come una bambina”.
Sono le pagine più strazianti del libro, quelle che ritraggono la donna più giovane che accompagna la più vecchia verso la morte. Alla fine, un po' del bellicoso coraggio, della rabbia di Maudie sarà passato a Janna, ma a sua volta la giovane nipote avrà un atteggiamento “di cura” verso la zia.
I ruoli si ribaltano continuamente, ma alla fine prevale l'amore.


(a cura di Matilde Morotti; nella foto Doris Lessing)

lunedì 21 febbraio 2011

Un libro, un film - verso 'L'età dell'innocenza' di Edith Wharton

Quando il fidanzamento tra May Welland e Newland Archer, entrambi giovani esponenti della migliore aristocrazia newyorkese, sta per essere ufficialmente annunciato, si viene a sapere che Ellen Olenska (cugina della promessa sposa) è di ritorno a New York in seguito al suo matrimonio fallito e ad un lungo soggiorno in Europa.


Ellen, donna eccentrica e insofferente ai rigidi formalismi dell’aristocrazia, dopo avere abbandonato il marito, (ricco e inaffidabile conte polacco) tenta di riprendere il corso della vita mondana nella buona società.

Archer, incoraggiato dalla fidanzata, si ripromette di stare vicino alla giovane donna e accompagnarla attraverso l’intricata giungla di rapporti sociali dove si intrecciano con raffinatezza affari, mondanità, pettegolezzi e spietate epurazioni perché si sa: Noblesse oblige!

Ma la vicinanza tra i due (per attrazione e per motivi professionali perché sarà lui, avvocato, ad occuparsi del probabile divorzio di lei) porterà Archer a creare con Ellen un legame complice e appassionato e a interrogarsi sul futuro matrimoniale e la sua stessa vita nella comunità dorata alla quale appartiene, fino a fargli immaginare un altro orizzonte, più libero e autentico. Seguire i precetti del nobile casato assumendone valori e rituali o incamminarsi verso altri luoghi, che il cuore suggerisce di esplorare?

Pubblicato nel 1920 L'età dell’innocenza appare un romanzo molto moderno. Ambientato in un mondo che guarda al passato (la storia scorre negli ultimi due decenni che precedono la guerra) dove ogni evento è esattamente così come deve essere rispondendo a codici immutabili, il romanzo sorprende quando tra i dettagli impeccabili e le raffinate ipocrisie dei dialoghi familiari irrompono le analisi dell’autrice, molto più lucide e severe di quanto possano osare i due amanti. Analisi tanto emancipate che arrivano come un vento imprevisto a scombinare gli abiti, gli arredi e i damaschi che invece devono restare immobili e perfetti a garanzia della conservazione della specie.

L’autrice guarda ora con fredda lucidità, ora con partecipazione commossa, l’evolversi dell’impossibile storia d’amore, anticipando tra le righe un sentimento di pericolo che corre come in sottofondo lungo tutto il libro perché la tradizione infine risulta più forte e dai tentativi di ribellione si difende serrando le fila e correndo ai ripari.

In questo indagare sofferto tra le immagini di un mondo affascinante e mortifero e le visione di un possibile avvenire pare stia la cifra espressiva del capolavoro della Wharton. Anche lei come la protagonista del romanzo conosce per origine gli agi e le trappole dell’ambiente altoborghese e l’infelicità matrimoniale. Ma ugualmente per esperienza diretta conosce il dramma della guerra dove si avventura col coraggio di un soldato organizzando campi di assistenza per rifugiati e ospedali da campo, tanto da ricevere meritata l’onorificenza della Legion d’Onore. Ed è il personale percorso nella vita vera che le impone di guardare al passato svelando una colpevole innocenza se non fosse l'espressione già di per sé un paradosso. Con L’età dell’innocenza Edith Wharton vinse, nel 1921 il premio Pulitzer. Fu la prima donna a riceverlo dai tempi della sua istituzione.

Elena Bellei, conduttrice del GdL Un libro, un film

venerdì 11 febbraio 2011

Il salotto del martedì - verso "Il diario di Jane Somers", di Doris Lessing


Autrice di innumerevoli romanzi e racconti, icona di svariate cause politiche e sociali, vincitrice nel 2007 del Nobel per la letteratura in quanto “cantrice dell'esperienza femminile”, la novantaduenne Doris Lessing appare, nelle rare fotografie che la ritraggono, come una specie di saggia nonna dall'ironico sorriso. Difficile identificarla adesso con la protagonista del “Diario di Jane Somers”, che però sembra per molti aspetti un testo dall'ispirazione autobiografica, in cui l'autrice ha voluto trasmetterci una sua personale problematica, dandole un significato universale.
Questo è un libro sulla vecchiaia, ma anche su molte altre cose. Sulla morte, sull'incontro con l'Altro, su come accanto a noi, sulla nostra stessa strada, camminino persone che non sappiamo vedere, finché qualcosa non ci spinge a guardarle e a farcene carico.
Un incontro fortuito (ma niente succede per caso) unisce due vite apparentemente inconciliabili: quella di Janna-Jane, bella cinquantenne di successo, una vincente, e l'esistenza marginale e disperata, ma bellicosa, di Maudie, indomita novantenne che riesce a cavarsela tra indicibili difficoltà. Che cosa spinge Janna verso Maudie? L'inestinguibile vitalità della vecchietta, la trama della sua difficile esistenza, che addirittura fornisce a Janna l'argomento di un romanzo, il senso di colpa per non aver vissuto adeguatamente la malattia della madre e del marito? O forse il bisogno di instaurare con gli altri rapporti umani più degni, meno superficiali ed egoistici?
Leggendo il diario di Jane, che accompagna la vecchia Maudie fino alla morte, con una “pietas” interamente laica, siamo spinti a porre a noi stessi domande non convenzionali, che ci interrogano nel profondo. Sempre con una vena di leggerezza tipicamente inglese (non a caso, il libro termina con la giovane nipote che offre a Jane una tazza di tè).

(a cura di Matilde Morotti)

martedì 8 febbraio 2011

Leggere con Ugo Cornia - 2 febbraio 2011 - La fondazione

Ciò che distingue La fondazione da molte altre meditazioni sulla vita e la morte è che la questione viene qui affrontata non soltanto riguardo a persone, ma anche a cose. In che senso però delle cose possono avere una propria vita?

Le cose continuamente raccolte, osservate e spostate dal protagonista hanno un vero e proprio “comportamento”: riempiono il suo spazio e la sua solitudine, non tradiscono mai la sua fiducia, danno un senso estetico alla sua esistenza. Vi è quindi uno stretto rapporto di vita tra l'uomo e le cose: esse vivono attraverso di lui e viceversa. La vita rende distinguibile ognuna di queste cose e fa sì che una loro catalogazione sia del tutto superflua.

Il momento più profondo del rapporto tra il protagonista e le sue cose è quando viene buttato via tutto. Che senso ha questo gesto? Si tratta forse di un passo indietro, guidato dal pentimento tardivo di avere fondato la propria vita su delle cose? Semmai è vero il contrario: il protagonista riconosce che, fuori dal rapporto con lui, quelle cose perderebbero la vita, poiché nessun altro sarebbe capace di ascoltarle e interpretarle. Le cose non sono quindi escluse dalla tragicità dell'esistenza, ma ne vengono anzi coinvolte in pieno.

Vi è qualche elemento che differenzia la vita di un uomo da quella delle sue cose? Baldini suggerisce che questo elemento sia la capacità di esprimersi attraverso un linguaggio: nel monologo è espressa infatti la prospettiva di una persona, non di una cosa, e non potrebbe essere altrimenti. La fondazione è stata originariamente scritta in dialetto. Ci si potrebbe domandare se la traduzione in italiano preservi tutte le sfumature del rapporto tra il protagonista e le sue cose, ma un'eventuale risposta potrebbero fornirla soltanto quelle cose stesse.

mercoledì 2 febbraio 2011

Un libro, un film - 27 gennaio 2011 - Lolita

Attraverso le pagine di Lolita, Vladimir Nabokov affronta tutti gli aspetti più intimi e profondi della passione amorosa: la perversione, l'ambiguità, l'inganno, il possesso, la sottomissione. Il rapporto tra Humbert Humbert, raffinato europeo cosmopolita, e Dolores Haze, giovane “ninfetta” americana, riassume magistralmente tutti questi aspetti e può quindi essere visto come una vera, tragica storia d'amore.

Di chi è la “colpa” di questa tragedia? Della sensibilità malata di Humbert (e della sua storia non consumata con Annabel) o degli atteggiamenti provocanti di Lolita? Sebbene entrambi appaiano come vittime e seduttori, il rapporto è sbilanciato dalla parte del primo: è lui, amante e padre allo stesso tempo, a rinchiudere Lolita in una prigionia tutt'altro che dorata, costituita di sesso imposto e regali non necessari. Pur ostentando spavalderia, Lolita non può che sottomettersi al ricatto, rifugiandosi nella passività e nella mancanza di piacere. Questo amore-possesso di Humbert è però destinato al fallimento: per tenere sotto scacco Lolita, egli dovrebbe essere in grado di tenere sotto scacco prima di tutto se stesso. La drammatica fuga di Lolita con Quilty è l'esito naturale di una storia nata dall'incapacità di Humbert di gestire le proprie perversioni.

L'autoanalisi di Humbert è schietta e consapevole, ma soltanto nel finale, quando è troppo tardi per rimediare, egli riesce a prendere coscienza dei propri inganni: verso Charlotte, verso Lolita e soprattutto verso se stesso. La personalità di Humbert è in ogni caso troppo complessa per essere liquidata con una semplice condanna. La sua perversione, nascosta nel vecchio mondo e realizzata nel nuovo, è molto più profonda di quella di Quilty: Humbert è attratto solo dalle ninfette, non da tutte le bambine, e l'attrazione irresistibile verso Lolita è guidata non solo alla ricerca del piacere, ma anche da un genuino sentimento che potrebbe essere chiamato “amore”. Ciò su cui Nabokov invita a riflettere è proprio la definizione di questo sentimento, così articolato e multiforme da non poter essere privo di coni d'ombra.

PS. Nel 1975 Nabokov venne intervistato per la trasmissione televisiva francese Apostrophes. Il video dell'intervista, diviso in quattro parti, è disponibile ai seguenti link:

1. http://www.youtube.com/watch?v=ezLY92rGkq8

2. http://www.youtube.com/watch?v=hqfY2ol5A90

3. http://www.youtube.com/watch?v=FR9vf6HTg6o

4. http://www.youtube.com/watch?v=mH4eI0Reh1w

martedì 1 febbraio 2011

Leggere con Ugo Cornia - verso "La fondazione" di Raffaello Baldini

Ecco come è bello questo libro.
Pagina 19

“E tutti contro la caccia, no alla caccia, no ai cacciatori, e perché non dicono mai: no alla pesca, no ai pescatori? Perché i pesci stanno zitti, non dicono niente, che non ci pensano, loro, ma pensa se fossi tu, che vedi un budello di salsiccia, cotto sulla brace, caldo, è lì che ti aspetta e tu non lo vuoi mangiare? Un così bel budello, porca masola, lo mordi, e dentro c’è un amo che ti si infila nel palato e uno dall’alto ti tira su di peso, che l’amo ti si conficca sempre più dentro, fino al cervello, un male, sangue in bocca da affogarsi, che tu magari ti aspetti che ti portino al pronto soccorso, per forza, sei ferito, anche grave, invece, sì, quello ti cava l’amo, senza anestesia, che l’amo ha quell’uncino, sta buono, va là, e ti butta  in una cesta, e tu zitto, non puoi dir niente, e beh non hai la voce, ha ragione lui, tu volevi mangiare la salsiccia, coglione, ti sta bene, impara, che tu non impari più, impareranno i tuoi figli, i tuoi nipoti,”

Ugo Cornia, conduttore del Gruppo di lettura