sabato 16 giugno 2012

Uomo e donna li creò - 9 giugno 2012 - Ave Mary

La rilettura delle Sacre Scritture svolta da Michela Murgia in Ave Mary non cerca di metterne alla prova la consistenza sintattica, né tantomeno di verificarne la plausibilità storica, ma ha l'intento, ben più "pericoloso", di sottoporle ad una serie di riflessioni che mettano in luce il ruolo subordinato e contraddittorio riservato alla donna.

Quali sono, ad esempio, le opzioni disponibili a Maria al momento dell'incontro con l'angelo? È costretta ad obbedire, o ha invece una propria autonomia da cui segue una scelta indipendente e ponderata? Anche interpretando la domanda dell'angelo come una vera richiesta, piuttosto che un'imposizione, bisognerebbe prendere atto che tutte le eventuali ragazze consultate prima di Maria sono state "censurate" e destinate all'oblio.

Un caso di esplicita disobbedienza è quello di cui si rende colpevole Eva, che viene punita in maniera esemplare. Il peccato originale diviene perciò un monito preventivo, affinché le donne rinuncino ad un desiderio di conoscenza e protagonismo che potrebbe mettere in discussione l'autorità imposta. La passività, sia che venga presentata come scelta autonoma (nel caso di Maria) o forzata (nel caso di Eva), è quindi l'unico tipo di comportamento femminile ammesso dalle Scritture.

In conclusione, le Sacre Scritture reggono oppure no alle domande di Michela Murgia? Chiaramente, le Sacre Scritture, di per sé, non sono altro che espressione e manifesto di un determinato contesto sociale; di conseguenza, quelle domande dovrebbero essere reindirizzate a chi dalle Scritture ha tratto un modello di educazione e comportamento. Sono le gravi carenze di questo modello a far sì che la riflessione sulle Sacre Scritture sia molto di più che una disputa teologica.

venerdì 8 giugno 2012

Uomo e donna li creò - verso "Ave Mary" di Michela Murgia

 Dopo il successo internazionale di Accabadora (premio Campiello 2010), la scrittrice sarda Michela Murgia pubblica con Einaudi Ave Mary, un libro che sta a metà tra il saggio di denuncia e la testimonianza intima. Tra i più letti in questo momento in Italia e già tradotto in diverse lingue, il libro nasce da un convegno che si svolse ad Austis, (un paese della Barbagia), provocatoriamente intitolato: " Donne e Chiesa: un risarcimento possibile?". Michela Murgia si muove dichiaratamente in un ambito frequentato, che l'ha vista essere "donna cristiana, animatrice parrocchiale di lungo servizio, tutto svolto nelle file dell'Azione cattolica". Ambito, (quello del simbolico religioso femminile,  frequentato anche per i suoi studi di teologia), che l'autrice ha avuto il coraggio di attraversare come un campo minato "mettendosi un paio di mutande di lamiera".
Legittimata dunque, più di altri che non hanno in curriculum il catechismo domenicale, (l’andare alla dottrina come si diceva qui) a raccontare quanto l'imprinting culturale che riceviamo da piccoli negli oratori delle parrocchie, ci condizioni, soprattutto nel rapporto tra uomini e donne, e  decisa a sostenere che se ci è stata raccontata una storia falsa è giusto tentare di correggerla. Questo libro serve allo scopo. Da cattolica illuminata si dice scarsamente interessata all'opinione ufficiale proveniente dai siti vaticani, che pure sul loro giornale l'hanno benevolmente recensita, "mi interessava l'opinione di mia zia - dice- la donna più maschilista che conosco".
Innanzitutto Maria non invecchia mai, forse neanche muore. L’avevate notato? "Nel mio paese d'origine - dice - (Cabras) dove la chiesa patronale è dedicata proprio a questa specifica raffigurazione dell'Assunta, la preghiera popolare afferma senza tentennamenti che "morta no, ma ses dormida, santamente reposende". Dormida, cioè addormentata".
Perché la Madonna non può invecchiare né tanto meno  morire? Perché la morte maschile è così ampiamente rappresentata nella cultura classica, nell’estetica cristiana, nelle raffigurazioni popolari  e più che mai nel nostro presente, e quella femminile no? Perché l’invecchiare maschile è bello e saggio e quello femminile no? L’imperativo “Non invecchiare!” (o “se invecchi non sperare di avere un briciolo di protagonismo”) in questa straordinaria operazione di marketing, cominciata con le fantasiose interpretazioni delle sacre scritture da parte dei celibatari della Chiesa, non è che a lungo andare ha condizionato le donne cattoliche e non solo quelle? Non è un caso che gli spot pubblicitari ci presentino sempre dei maschi che "invecchiano bene", "materassabili" (testuale), alla Sean Connery che ancora adesso a ottant’anni passati fanno la loro "porca figura" mentre le donne in là con l'età sono sempre alle prese con la paura che che la dentiera rimanga attaccata alla torta di noci.
E poi…Maria era una giovane donna per nulla timida, silenziosa e passiva. Interpellata dall’Angelo si prende autonomamente la sua responsabilità. Che razza di storia ci hanno raccontato? Una ragazzina di quattordici anni che si sente dire “guarda che rimarrai incinta prima di sposarti e prima di fare l’amore con tuo marito, ti va bene?” In un sistema patriarcale tribale c'era un'unica risposta a tanto scandalo: la lapidazione. Lei dice sì, un sì  libero e impegnativo, di adesione cosciente, raro anche, in un mondo (in ogni tempo e in ogni luogo)  di  "sì" femminili di sottomissione.
Madre piena di grazia, madre benedetta tra le donne,  madre inviolata, eppure tanto manipolata a uso e consumo dell’autorità, per piegare all’obbedienza tutte le donne, che a lungo andare ha perso addirittura il merito unico e sacro per cui era osannata e venerata. Rappresentata via via nei secoli senza più latte, senza più figlio, senza carne e senza colore, umiliata nella femminilità e nella sua stessa maternità cosa è rimasto di Maria? Poi c’è tutta la storia della verginità biologica, prima, durante e dopo il concepimento. Ma questa è troppo lunga da dire qui. Meglio leggere il libro.
Elena Bellei