lunedì 8 marzo 2010

A tutte le donne


A tutte le donne

Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l'emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d'amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d'amore.


Auguri a tutte le donne.
Se avete un libro da consigliare, dall'8 marzo in poi, segnalatelo qui: donne autrici, donne protagoniste, biografie di donne, donne e scrittura.


2 commenti:

  1. Un pensiero per l'appena trascorso "8 marzo" attraverso un percorso simbolico che unisce interessanti tratti di vissuti femminili reali e immaginari (dal quadro più "emancipato e vincente" a quello più "retrogrado e desolato"):
    - come punto di partenza scelgo non il colore rosa, ma il giallo della mimosa, che mi porta ad Agatha Christie, la regina del giallo. Nel suo caso l'arte non ha surclassato la vita, anzi verrebbe da attribuirle le stesse parole di Oscar Wilde: " Ho messo il genio nella mia vita; ho messo solo il mio talento nelle mie opere”. Almeno questa è l'impressione leggendo la sua autobiografia "La mia vita", da molti considerato il suo libro migliore. Agatha Christie ha avuto una vita romanzesca, avventurosa, punteggiata di mistero, di fortuna, segnata da un drammatico divorzio e da un'altrettanto spettacolare rinascita.
    - Dal libro al film con "Agatha" (1979) dove una splendida Vanessa Redgrave interpreta la scrittrice. Film molto intenso, tutto incentrato su quei noti undici giorni della misteriosa scomparsa e amnesia della Christie, che seguono l'abbandono da parte del marito.
    - Da un film a un altro film (per assonanza con il nome stavolta), ovvero "Agata e la tempesta" con Licia Maglietta, libraia dalla vita complicata, protagonista di una commedia brillante che rimane impressa soprattutto per il singolare intreccio tra libri e lampadine fulminate (dalla stessa Agata).
    - Da una scena del film "Agata e la tempesta" a un libro, quello di cui riusciamo a intravedere il titolo mentre lo legge Agata in viaggio in aereo. Mi riferisco a "Stupore e tremori" della scrittrice belga (e anche un po' giapponese") Amélie Nothomb che ci racconta in particolare cosa significa finire negli ingranaggi di un'azienda multinazionale giapponese, e più in generale qual è la sorte femminile in una società dove si è di fatto assoggetati ad assurde regole di competitività, efficienza, rispetto della gerarchia. Ecco un passo eloquente:

    "Spera di lavorare. Visto il tuo sesso avrai poche possibilità di arrivare in alto, ma spera di servire la tua azienda. Lavorare ti farà guadagnare dei soldi dai quali non trarrai nessuna gioia, ma da cui potrai eventualmente trarre dei vantaggi, per esempio in caso di matrimonio - perché non sarai tanto stupida da supporre che qualcuno possa volerti per il tuo valore intrinseco.
    A parte questo, puoi sperare di vivere a lungo, cosa che in sì non ha nulla di interessante, e di non conoscere il disonore, cosa che invece ha un fine in sé. Qui si ferma la lista delle tue speranze lecite.
    E comincia la serie interminabile dei tuoi doveri sterili.
    Dovrai essere irreprensibile, per la semplice ragione che non si può fare altro. Essere irreprensibile ti porterà solo a essere irreprensibile, non sarà motivo di orgoglio e tanto meno di voluttà. ...
    Sei obbligata a mettere al mondo esseri umani che saranno tanto più infelici quanto più profondamente l'idea di felicità si sarà radicata in loro nei primi tre anni di vita.
    Trovi orribile tutto questo? Non sei la prima a pensarlo. Le tue simili lo pensano dal 1960. Come vedi non è servito a niente. Molte di loro si sono ribellate e anche tu forse ti ribellerai nel solo periodo libero della tua vita, tra i diciotto e i venticinque anni. Ma a venticinque anni ti accorgerai all'improvviso di non essere sposata e proverai vergogna. Abbandonerai l'abbigliamento eccentrico per un tailleur sobrio, calze bianche e scarpe ridicole, sottoporrai la tua splendida capigliatura liscia a una messa in piega desolante e ti sentirai sollevata se qualcuno - marito o datore di lavoro - ti vorrà."

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  2. 1) Una donna autrice: ancora una poetessa, la polacca Wislawa Szymborska (Opere, Adelphi 2008), premio Nobel per la letteratura nel 1996, scoperta per effetto trascinamento, dopo aver letto per caso una poesia che mi ha conquistato, tratta dalla raccolta "La fine e l'inizio", e cioè "Il gatto in un appartamento vuoto" (Morire-questo a un gatto non si fa...). Ma in questa occasione scelgo "Nella moltitudine" (dalla raccolta "Attimo"), una poesia positiva, una specie di “ringraziamento” per il posto ricevuto nel mondo (ma questa poetessa è TUTTA da leggere, anche da chi – come me – non ha con la poesia una enorme familiarità perché a volte la poesia “è difficile da capire”. In questo caso è tutto comprensibile, solo che la forma poetica consente quella cura nella scelta delle parole che la prosa rende – se non impossibile – molto più difficile).

    Sono quella che sono
    un caso inconcepibile
    come ogni caso.
    In fondo avrei potuto avere
    altri antenati,
    e così avrei preso il volo
    da un altro nido,
    così da sotto un altro tronco
    sarei strisciata fuori in squame.
    Nel guardaroba della natura
    c'è un mucchio di costumi: di
    ragno, gabbiano, topo campagnolo.
    Ognuno calza subito a pennello
    e docilmente è indossato
    finché non si consuma.
    Anch'io non ho scelto
    ma non mi lamento.
    Potevo essere qualcuno
    molto meno a parte.
    Qualcuno d'un formicaio, banco, sciame ronzante,
    una scheggia di paesaggio sbattuta dal vento.
    Qualcuno molto meno fortunato,
    allevato per farne una pelliccia,
    per il pranzo della festa,
    qualcosa che nuota sotto un vetrino.
    Un albero conficcato nella terra,
    a cui si avvicina un incendio.
    Un filo d'erba calpestato
    dal corso di incomprensibili eventi.
    Un nato sotto una cattiva stella,
    buona per altri.
    E se nella gente destassi spavento,
    o solo avversione
    o solo pietà?
    Se al mondo fossi venuta,
    nella tribù sbagliata
    e avessi tutte le strade precluse?
    La sorte, finora,
    mi è stata benigna.
    Poteva non essermi dato
    il ricordo dei momenti lieti.
    Poteva essermi tolta
    l'inclinazione a confrontare.
    Potevo essere me stessa – ma senza stupore,
    e ciò vorrebbe dire
    qualcuno di totalmente diverso.

    2) (e la tengo molto più corta): una donna personaggio: la protagonista di "La donna del mare" di Ibsen. Dopo aver lungamente atteso il ritorno dello “straniero” dal mare ed aver accettato un matrimonio (apparentemente) senza amore, quando viene lasciata libera di scegliere, rimane. Mi colpisce perché credo sia molto vero che solo nella libertà si sceglie, e che a volte l'attesa di un “salvatore” o di un “principe” o di uno “straniero” ci impedisce di capire chi siamo davvero noi e quali sono i nostri veri bisogni:
    3) una biografia (romanzata): "La passione di Artemisia", di Susan Vreeland, Neri Pozza 2009. Vi si narra la passione (nel senso più letterale del termine) che ha guidato la pittrice Artemisia Gentileschi (1593-1653), di scuola caravaggesca, ad affermare il suo talento e la sua visione della vita, nonostante la violenza subita dal suo maestro, l'onta di un processo pubblico nella Roma papalina e l'umiliazione di un matrimonio riparatore;
    4) infine su donna e scrittura, "Scriver Zen", di Natalie Goldberg, Astrolabio-Ubaldini 1987. Non il solito manualetto tecnico per scrivere il best seller dell'anno, ma il libro dedicato alla scrittura come pratica di attenzione ai dettagli, non solo mentre si scrive, ma nella vita quotidiana. Comprende anche esercizi, ma di un tipo molto particolare (non escluso fare una torta); è un invito ad aprire gli occhi, verso il fuori e verso il dentro, ad usare le parole, a chiamare le cose con il loro nome. Un consiglio riassuntivo: “Fondamentalmente, se si vuole imparare a scrivere bene, bisogna fare tre cose. Leggere parecchio, ascoltare bene e intensamente, e scrivere tanto. E non pensare troppo”.

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