lunedì 8 novembre 2010

Un libro, un film - 28 ottobre 2010 - Lo straniero


Come nel libro - trasposizione in letteratura dell’esperienza filosofica di Camus - anche durante la discussione teniamo distinte le due parti che compongono Lo straniero. Suddivisione che si rivela indispensabile per chiarire la personalità del protagonista, Meursault.

Ma chi è Meursault? Un uomo insensibile o sensibile fino all'eccesso? Una figura positiva o negativa? Un individuo infantile o talmente maturo da avere trasceso le velleità umane?

Nella prima parte tutto sembra scivolargli addosso, tanto che la morte della madre è una seccatura da liquidare in fretta. Oltre a non voler vedere nemmeno la salma, oltre a provare insofferenza per il caldo soffocante anziché commozione durante il funerale, non si pone alcun dubbio morale nell’andare a fare il bagno con Marie il giorno successivo alle esequie.

L'impressione dominante è che Meursault si lasci vivere. La sua esistenza vagamente irresponsabile, apparentemente senza valori o punti fermi che ne puntellino le scelte, in qualche modo infastidisce.

 Meursault non prova emozioni, ma sensazioni forti: è ipersensibile al sole, al calore, ai rumori, agli odori. La poesia e la sensibilità, per lui, sono tutte racchiuse in una fisicità estrema, in un mondo fatto di percezioni in cui i sensi prevalgono su tutto, come per i bambini. La sua umanità è tutta incentrata sul 'qui e ora'. Privo di memoria, di spessore, è tutto preso nell'immediato. Non è in grado di pensare al futuro - non ha alcun sussulto all'idea di trasferirsi a Parigi come gli propone il capo-ufficio -, così come non trae conforto dalle esperienze del passato. Privo di interiorità, senza sovrastrutture, appare come un essere appartenente non alla società umana, ma al mondo naturale. È pre-morale, aperto a tutte le possibilità: non sa scegliere, ma si fa scegliere, con modalità, ancora una volta, non dissimili da quelle dei bambini. Non è in grado di gestire la libertà, in particolare quando essa significhi entrare in contrasto con altri esseri umani.

Ma il mondo dell'infanzia morale, così a lungo conservata, finisce con «quattro colpi secchi [battuti] sulla porta della sventura», gli spari che uccidono un uomo e conducono Meursault ad una nuova fase della vita. Così termina, in maniera drastica, anche la prima parte del libro.

Con il processo, Meursault sembra iniziare a prendere coscienza di sé. Finalmente, non senza una certa soddisfazione da parte del lettore, comincia ad avere un'identità definita, non più evanescente e tutta sensoriale, come era stata per metà del libro.

Eppure, non è così chiaro se Meursault subisca realmente un’evoluzione o, al contrario, resti immutabile in un contesto, all’opposto, variato. Forse, davvero tangibile è solo un maggior grado di consapevolezza di sé del protagonista: quando Meursault entra in cella, pur rimanendo uguale e coerente con se stesso, diviene cosciente delle proprie peculiarità di essere umano, pur così diverso dagli altri esseri umani.

Questa consapevolezza, sembra accompagnare Meursault ad una certa felicità, quella di chi incontra e abbraccia la dolce indifferenza del mondo. Meursault sa che tutte le vite si equivalgono; che non esiste merito; che non c'è bene né male. Egli si dissolve nel mondo perché ne condivide la medesima indifferenza per gli uomini e le loro convenzioni sociali, impersonate alternativamente dal giudice o dal prete.

La coscienza dell’assurdità del vivere consente a Meursault di raggiungere uno stato di accettazione della morte imminente, una condizione di preparazione che può essere accostata alla readiness di Amleto.

Ecco che, alla luce della seconda parte, è possibile rileggere i comportamenti di Meursault nella prima. La sua indifferenza assume un nuovo significato: non è dunque la noncuranza di chi non ha interesse nel mondo, ma l’imperturbabilità di chi ha già sofferto e, in qualche modo, sublimato.

Parimenti, il rapporto con la madre, insignificante nella prima parte, rivive durante la sua prigionia, in vari flash back in cui riemerge il passato. Diviene palese come Meursault amasse la madre non solo di un amore filiale, ma di una stima ormai adulta: ne apprezzava il forte istinto di sopravvivenza e ribellione che l'aveva portata a ricominciare, a trovarsi un fidanzato, a vivere. Il rifiuto di vedere la madre morta non è più quindi un elemento negativo in assoluto, ma l’ennesimo segno di coerenza a favore della negazione dell’ipocrisia. La stessa coerenza in nome della quale non approfitta di nessuna delle attenuanti che lo potrebbero salvare in tribunale, o non sconfessa nessuno degli atteggiamenti criticati durante il processo. Meursault è quindi estraneo, straniero a tutto ciò che si palesa come convenzione ipocrita.

Infine, il titolo del libro pone l’accento sulla totale mancanza della dimensione storico-geografica, visto che l’ambientazione manca completamente di riferimenti al mondo arabo e alle tensioni politiche che Visconti avrebbe voluto sottolineare nella sua trasposizione cinematografica.

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