sabato 24 marzo 2012

Il salotto del martedì - 13 marzo 2012 - Non è un paese per vecchie

Il libro della Lipperini ha suscitato alcune perplessità per la struttura non sempre lineare (qualcuno lo ha definito caotico), per la quantità di analisi ed informazioni, in cui talora ci si perde e per la tematica che affronta, che ancora fa paura. Si è comunque riconosciuto che è un libro interessante, che offre spunti di riflessione e approfondimento, anche se inquieta la prospettiva che delinea di una vecchiaia in solitudine, con anni vuoti che si succedono nell’affanno e nella fatica, soprattutto per le “vecchie”. Si è constatato che in effetti il nostro paese non si è preparato ad un aumento di vecchi/ie quale si è verificato dagli anni ’70 in poi e che forse era prevedibile, pensando ai miglioramenti portati dalla medicina e dall’alimentazione.

L’aumento della popolazione anziana ha creato una vera e propria emergenza, il cui peso ricade spesso sulla famiglia e in modo particolare sulle donne, che più si occupano da sempre della “cura” di vecchi e bambini. Che cosa ha fatto diventare un problema la gestione dei vecchi? Certamente l’aumento della loro “massa critica”, ma anche il cambiamento del modo di vivere, col passaggio da una società rurale ad una industriale, col risultato che è più difficile invecchiare nella società di oggi. Con i ritmi della vita attuali, non c’è chi ha tempo di occuparsi del vecchio, se non case di riposo e badanti, e al tempo stesso mancano modelli validi di riferimento sul come invecchiare, se non guardando ai paesi nordici, che hanno cercato soluzioni prima di noi. Ci sono nel libro alcuni riferimenti positivi, che possono servire da indicazione: uno di questi è una citazione da Saramago, che ricorda che il valore dell’invecchiare sta nella persona che si è o che si è costruita prima. Abbiamo ricordato anche l’affermazione della Montalcini sul fatto che l’invecchiare deve aggiungere vita agli anni e non anni alla vita. Si è detto che un buon invecchiare richiede: cultura, salute, denaro ; ma si è aggiunto che ci sono “altri ingredienti” che aiutano, come “usare ancora le mani”, mantenersi aperti al nuovo, tenere vivo il cervello, non farsi bloccare dalla paura. Infine si è convenuto tutti che è fondamentale la relazione, lo stare ancora in mezzo alla gente e confrontarsi con altri da noi come forma di arricchimento.


Edda Reggiani



martedì 20 marzo 2012

Uomo e donna li creò - 10 marzo 2012 - Biglietto scaduto

Quando ancora non era possibile (fingere di) nascondersi dietro una pastiglia, uomini come Jacques Rainier non potevano che vivere la propria decadenza fisica come un totale fallimento personale.
Romain Gary racconta con tono sincero, senza mai scivolare nella grossolanità, il dramma dell'invecchiamento di un ricco imprenditore ossessionato dal sesso e dal successo, incapace di accettare un passaggio inevitabile e di scorgere una vita dopo la "scadenza''.

Il linguaggio "ormonale'' di Gary, in cui si intrecciano continuamente termini mutuati dal lessico economico e militare, descrive perfettamente la relazione tra sesso, potere e ricchezza, che costituisce il tema centrale di Biglietto scaduto.
Non vi è una vera e propria distinzione tra questi livelli: il sesso è allo stesso tempo una questione di onore personale e una forma di potere sociale, e l'impotenza è perciò una perdita di potere sia privato che pubblico.
L'unica possibile via d'uscita è offerta dalla complicità della ricca e giovane amante brasiliana, dei cui sentimenti però Rainier si rende conto quando è ormai troppo tardi.

Biglietto scaduto potrebbe essere letto come una critica del modello di vita occidentale, e allo stesso tempo come il riconoscimento del fallimento di un modello alternativo (ad esempio quello della Resistenza, ben presente nelle pagine di Gary); in generale, il merito principale di questo libro è di affrontare un tema così "sensibile'' nel modo più fisico ed esplicito possibile, senza mai dimenticare che anche i sentimenti, di fatto, esistono.

Il video di un'intervista rilasciata da Romain Gary in seguito alla vittoria del premio Goncourt per Le radici del cielo può essere visto su:

sabato 10 marzo 2012

Il salotto del martedì - verso "Non è un paese per vecchie", di Loredana Lipperini

Loredana Lipperini, che per molti è solo l'amichevole voce pomeridiana di Fahrenheit (Radio Tre), ha pubblicato per Feltrinelli due libri che affrontano la questione femminile da due angolazioni diverse, illuminando i pregiudizi e le distorsioni che, implacabilmente, offendono il diritto delle donne ad essere considerate soltanto persone, a qualunque età.

Se, infatti, Ancora dalla parte delle bambine (2007), prendendo spunto dal vecchio testo della Gianini Belotti, indaga sui nuovi miti che abitano l'immaginario delle piccole donne di oggi, questo Non è un paese per vecchie (Feltrinelli, 2010) prende in esame un'altra narrazione collettiva, che dagli schermi televisivi, dalle colorate immagini pubblicitarie, dal mondo della rete suggerisce una visione della donna francamente rivoltante.

Va detto che non è una lettura per stomaci deboli, questo libro. Se, giunti a una certa età dopo una vita di lavoro, pensavate di potervi godere le gioie di un sereno pensionamento, dedicandovi con abnegazione alle cure dei nipotini e al volontariato, per essere a vostra volta accuditi nei vostri anni più tardi, disilludetevi: è vero che senza di voi il paese non gira, ma non aspettatevi gratitudine da parte dei giovani, quando l'età vi impedirà di rendervi utili. Monta nel web una canea che si augura soltanto che i vecchi (noiosi, lenti, parassiti) facciano presto a scomparire. Si è seminato bene l'odio, in questi anni, non c'è che dire, e le testimonianze raccolte dalla Lipperini, che tra le altre cose firma un blog molto frequentato, lo dimostrano in modo davvero crudo. I vecchi fanno paura perché sono troppi, sono sempre di più, e i soldi sono sempre meno. Quindi, che spariscano, svaniscano, crepino. E le vecchie? Sono più povere dei vecchi, meno tollerate, anzi espulse. Su di loro, che già fanno parte di un gruppo ben poco amato, si esercita una crudele discriminazione di genere.

I vecchi sono invisibili, ma le vecchie di più. Proibito invecchiare, dice la pubblicità. Proibito addirittura farle vedere, le vecchie. Giusto se sei Rita Levi Montalcini o Margherita Hack puoi comparire in televisione, altrimenti sei relegata nel ruolo di nonnina o di strega o di coguara (se non lo sapevate, la vecchia megera che si paga l'amante giovane). I ruoli che restano sono grotteschi, inscritti nei balletti osceni delle “velone”: manca un immaginario, un racconto collettivo che le rappresenti, ridando loro senso e dignità.

Il messaggio martellante della pubblicità è sempre lo stesso: dopo la menopausa non succede nulla, rimanere eternamente giovani è possibile, se non ci riesci è colpa tua: truccati, tagliati, rifatti, se vuoi esistere. E noi della generazione sandwich, schiacciata tra cura dei nipotini e dei genitori ultraottantenni, senza i soldi per il botox e neanche un toy- boy per consolarci?

Non sarà che dobbiamo spegnere la tivù delle velone, demolendo una volta per tutte il mito dell'eterna giovinezza? Parliamone, ragazze.

Matilde Morotti



mercoledì 7 marzo 2012

Uomo e donna li creò - verso "Biglietto scaduto" di Romain Gary

“Io non invecchierò mai…Ho fatto un patto col Signore”.


Romain Gary, scrittore francese, di origine lituana (il suo nome è Romain Kacev, figlio di un’attrice di breve fama e di un grande del cinema muto) rispetterà il patto, già anticipato nei suoi libri come una premonizione annunciata, mettendo fine alla sua vita all’età di 68 anni, con un colpo di pistola.

Aviatore di carriera, partigiano nella guerra di liberazione insignito con la legion d’onore dal generale De Gaulle, scrittore, giornalista, regista, uomo politico, ambasciatore di Francia, considera la sua attività letteraria, e così anche il sesso, come una valvola di salvezza per il suo straordinario vitalismo e il suo “appetito di vita”, come lui lo chiama. Se vita e scrittura si intrecciano al fondo dell’autenticità di ogni autore che si possa dire tale, in Gary si spinge fino alla mancanza di pudore, specie in La promessa dell’alba definito uno dei più straordinari tributi mai scritti da un uomo alla madre e giuramento di un’ ideale battaglia esistenziale contro le meschinità del mondo; quelle affacciate alla guardiola della portineria a gridare: “sporco americano, sporco russo, sporco arabo, sporco ebreo, sporco negro”. A trent’anni è un eroe di guerra e scrive il romanzo Educazione europea che Sartre giudica in assoluto il miglior testo sulla resistenza. Vince due volte il premio Goncourt, di grandissimo prestigio in Francia, al pari di un Nobel per la letteratura.

I critici lo definiscono un talento dalla personalità eccentrica e dispersiva, e c’è chi trova nei suoi testi il tormento di un uomo in affanno per l’adesione ad un modello virile che non ammette defaillance.

Lituano di nascita, di fede ebraica, migrante assieme alla madre prima in Polonia poi in Francia, costretto in un adattamento sociale e culturale tra mondi incrociati, si definisce un camaleonte che prende il colore dell’ambiente per proteggersi, ma che infine rischia la pazzia su un tappeto di troppi colori. Non nasconde a questo proposito l’influenza dell’amatissima madre che ripone in lui aspettative altissime (le promesse dell’alba, appunto), che, da ragazzo prima e da uomo adulto poi, ricompensa con i suoi innumerevoli successi, tra disarmante sincerità e numerose maschere.

Dice di sé, in una intervista in occasione del premio Goncour all’uscita di Le radici del cielo: “Sono stato occupato a vivere, ora non ho più stomaco per tutto questo appetito”, come se al rallentare di una vita lanciata al massimo intravvedesse già imminente la fine.

E’ questa paura del decadimento fisico, dell’energia intellettuale e creativa, la protagonista principale di Biglietto scaduto, metafora di un viaggio inaspettatamente segnato da un limite di fine corsa, oltre il quale non è concesso andare. La storia è quella di Jaques Rainier, ricchissimo e brillante imprenditore 59enne, ossessionato dall’invecchiamento del suo corpo, e dalla “malattia virile, con i suoi millenni di possesso, di vanità e di paura di perdere”. Accanto a Jaques fiumi di denaro, una giovane amante brasiliana, infelicemente innamorata, e diversi squali del mondo finanziario impegnati in simboliche imprese di salvataggio (mecenati alle prese con Venezia da salvare, prima che sprofondi del tutto, o con la torre di Pisa da raddrizzare, prima che sia troppo tardi). Un linguaggio che tende anche a svelare il significato compensatorio del denaro, e di una cultura “ormonale” (quali sono in definitiva i capitali da investire e da “diversificare”, su cosa puntare per evitare il rischio di “svalutazione”?).

Un registro ironico e dolente di un narratore/attore, apparentemente soddisfatto della sua vita reale e virtuale, che perde di vista l’identità corporale e il senso stesso del limite, si guarda senza riconoscersi e fa dire al suo protagonista: “comincio a spiare il mio corpo come fosse il corpo di un estraneo venuto a prendere il mio posto”.

Il suicidio apparecchiato con cura dal protagonista (“voglio morire pulito”) e nella realtà (dopo aver comperato una vestaglia rossa per non impressionare troppo chi lo troverà) non ha i segni di una patologia violenta, parla piuttosto di un coraggio lucido, del naturale esito di una vita fuori dal comune: cercare in vita l’immortalità e poi morire, anticipando la fine. Dunque ancora una vittoria, il gesto finale del torero vincitore (che porta del toro in trofeo le due orecchie e la coda), perché c’è più coraggio nell’anticipare la morte che nella consapevolezza di doverla accettare. Ma su questa ultima e apparentemente definitiva certezza Jaques Rainier e Romain Gary daranno risposte diverse. E’ certo per noi, il coraggio di Gary che ci riguarda come lettori è quello di aver dato voce alla paura maschile più intima e più antica con crudezza, onestà e poesia.


Elena Bellei