sabato 5 dicembre 2009

Un libro un film - L'amore molesto. Visione del film



3 dicembre 2009 alle 17.30


Sin dalle prime battute, ci appare subito chiara la difficoltà, per lo spettatore non avvezzo alla parlata partenopea, di comprendere i fitti dialoghi in napoletano. Concordiamo anche sul fatto che, se non si fosse letto il libro in precedenza, la visione del film sarebbe piuttosto faticosa: non solo per l’ostacolo linguistico, ma anche per la concatenazione degli eventi, al limite tra realtà e allucinazione.



Eppure, nonostante tutto, il film chiarisce alcuni passaggi cruciali del libro. Dopo la violenza subita da nonno Polledro – nel film solamente evocata –, la piccola Delia inizia un percorso di allontanamento della parte femminile da sé, trasferendo sulla madre Amalia colpe inesistenti, che sfoceranno nella dolorosa bugia riferita al padre. Il processo di ‘maschilizzazione’ di Delia si arresta solo con la morte di Amalia; mentre la riappropriazione della femminilità perduta – nonché di un’idea non più distorta della madre – iniziata in una oscena e seducente Napoli, diviene fatto compiuto in treno, nel viaggio di ritorno alla realtà quotidiana, quando Delia beve dalla lattina di birra offertale da un giovane passeggero, inaugurando così un nuovo modo di godere della vita e del mondo.



Se, sulla base del romanzo, qualcuna di noi aveva ipotizzato che Delia, nella definitiva riconciliazione con la madre, arrivasse addirittura ad imitarne il gesto estremo – il supposto suicidio – il finale del film ci fa invece propendere, all’unanimità, per un lieto fine, con Delia finalmente rappacificata con se stessa e con Amalia.



Ad eccezione della scena della sauna, in cui il vapore diffuso sostituisce la copiosa traspirazione di Delia nel momento di intimità con Antonio, descritto nel romanzo, il film è molto aderente al libro. È noto infatti che per la sceneggiatura de ‘L’amore molesto’ Martone instaurò una stretta collaborazione con la stessa Elena Ferrante, peraltro dichiaratasi estremamente soddisfatta del finale della pellicola.



Ci interroghiamo sul titolo e ci rendiamo conto che l'’amore molesto’ non è solo quello tra il padre di Delia e Amalia, ma quello di tutti gli altri rapporti interpersonali, sofferenti e talvolta perversi.



Al contrario del libro, dove la pioggia è un intermezzo non troppo disturbante, nel film è anch'essa molesta, fitta e incessante come un tedioso brusio di fondo. Allo stesso tempo, l'atmosfera generale del racconto sembra più opprimente e cupa che nel lavoro cinematografico.



Durante la visione, notiamo una simbologia non presente nel libro, ancorché pieno di metafore: nel film la vista, intesa come sguardo interiore, introspezione, si materializza negli occhiali di Delia. Senza occhiali, da piccola, fraintende, costruendo soggettivamente la sua visione degli avvenimenti; da grande, appena li inforca, nel luogo in cui ha subito l'abuso, ricorda e rivede l'accaduto, riaggiustando in sé tanti piccoli pezzi che sembravano da tempo non combaciare.



Anche il colore rosso dell’abito di Delia – che ricorre nella locandina – nel film è più vivace che nel libro, in cui viene descritto di una tonalità ruggine. Lo stesso rosso incandescente trasfigura la vestaglia di Delia, che nel testo è di un rassicurante color cipria. Il sangue, che nel volume è l’emblema della purificazione di Delia, nel film sembra dunque tingere di senso gli indumenti che legano spiritualmente madre e figlia.


Nessun commento:

Posta un commento