mercoledì 3 febbraio 2010

Da lettore a lettore - La letteratura e l’‘estremo’


«Volevo il movimento, non un’esistenza quieta. Volevo l’emozione, il pericolo, la possibilità di sacrificare qualcosa al mio amore. Avvertivo dentro di me una sovrabbondanza di energia che non trovava sfogo in una vita tranquilla».
Lev Tolstoj, La felicità familiare

L’estremo, il pericolo, il gioco con la sorte, l’attività ad alto rischio, fisico e mentale.
Conosci storie che sfidano la tranquillità? Hai amato – o odiato – libri di storie vere o finzioni letterarie traboccanti di emozione e energia fino all’eccesso?
Via libera ai commenti!

4 commenti:

  1. La letteratura ha esplorato l "estremo" in moltepici direzioni: le sfide ai confini del mare di Conrad e Melville; i confini, altrettanto pericolosi, della natura umana che si scopre doppia ed estrema verso l'abisso, la perdizione come ne "Lo strano caso del Dr Jekyll e Mr Hyde di Stevenson; le "infernali macchine del desiderio" di De Sade e Angela Carter.
    La storia che segnalo ha a che fare con l' "estremo" riferito al "temperamento", anche come "temperatura".
    Si tratta di "Lingue di fuoco" di Tim Parks. Siamo nel '68. La vita tranquilla nella periferia di Londra è agitata, da una parte dal diffondersi tra i giovani della musica di complessi rock come i "Black Sabbath", e dall'altra, dalla levata di scudi della comunità religiosa, attraversata da nuovi fermenti come quelli dei "pentecostali". Levata di scudi contro quelli giudicati come cattivi segni dei nuovi tempi: "l'ascesa di Mao, la Russia comunista, i vietcong, l'ala estremista del partito laburista, i sindacati, la droga, la pornografia, la promiscuità sessuale e certi tipi di musica moderna ... la moda dei capelli lunghi (negli uomini), la parola psichedelico, la pittura astratta e la rivolta degli studenti universitari".
    Questo lo sfondo storico e simbolico in cui si proietta la vicenda privata di una famiglia, costituita da un pastore, sua moglie, due fratelli: Adrian, e il fratello minore, che racconta in prima persona l'intera vicenda.
    Come in una moderna messa in scena del dramma del figliol prodigo, tutte le ansie del pastore sono tese a cercare di redimere Adrian, il suo figlio ribelle, attivo nel partito laburista, infervorato dalla musica rock, libero nelle sue relazioni amorose.
    Tutta la vicenda è percorsa dall'ambiguità di fondo nel discernere dove sta il bene e dove il male. Ed è questa incertezza ad affliggere il figlio minore, -che vive all'ombra del fratello carismatico- soprattutto quando si insinua in lui la possibilità di un altro criterio di discernimento, di un altro metro di giudizio morale, quello che paragona lo stile di vita passionale del fratello Adrian con il suo "tepore":
    [Andai a letto e studiai la Bibbia ... lessi il versetto che dice: "Se mi ami con ardore, ti benedirò e ti terrò caro; e se non mi ami, ti cercherò e ti salverò; ma se sei tiepido verso di me, guai a te, perchè ti vomiterò dalla mia bocca e ti nasconderò il mio volto..." E allora pensai che certamente io ero peggio di Anna, perchè non amavo il Signore con ardore, e in un certo senso ero peggio di Adrian, perchè lui non l'amava per niente; quello tiepido ero io.]

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  2. Non essendo particolarmente attratta dalle attività ad alto rischio (anche se prima o poi mi sono ripromessa di leggere sia il libro di Angelo D’Arrigo "In volo sopra il mondo", sia quello della compagna a lui sopravvissuta Laura Mancuso, "In volo senza confini. Una storia d'amore, di volo e di condor", sono stata più incuriosita dalla citazione di Tolstoj e ho ripreso in mano "La felicità familiare", cioè proprio il libro su cui Alexander Supertramp, alias Chris McCandless, il protagonista di "Nelle terre estreme", ha evidenziato la frase che dà il via ai commenti.
    La voce narrante è quella di Maša, prima fidanzata e poi sposa felice di Sergej Michajlovič. E tuttavia, a un certo punto, Maša manifesta una inquietudine nuova. Trascrivo le sue parole (nella traduzione di Erme Cadei,), perché da sole spiegano molto bene un tipo di esuberanza che sicuramente sento più vicina e comprensibile rispetto a quella di chi si butta con il deltaplano o va da solo in Alaska. Un tipo di esuberanza che definirei, in un certo senso, e senza giudizi né pregiudizi, più “femminile”.
    “La sua continua calma mi irritava… Non mi bastava più amare… avevo desiderio di moto, non del tranquillo fluire della vita. Avevo brama di emozioni, di pericoli… Era in me una esuberanza di forze che non trovavano sfogo nella nostra tranquilla esistenza… La mia mente e anche il mio sentimento erano appagati, ma c’era un altro senso, quello della mia giovinezza, un bisogno di movimento che non trovava soddisfazione nella nostra placida vita… Peggio di tutto era per me sentire che ogni giorno le consuetudini fissavano la nostra vita in una forma determinata, che il nostro sentimento non era più libero, ma soggiaceva allo scorrere eguale e impassibile del tempo… Non di questo, dunque, ma di lotta avevo bisogno, avevo bisogno che il sentimento ci guidasse nella vita, e non che la vita guidasse il sentimento”.
    Bello!
    E poi penso anche: è buffo dove mi ha condotto, con una semplice sottolineatura, un libro dedicato alle avventure nelle “terre selvagge”, un libro che forse – spontaneamente – non avrei mai preso in mano. Mi piace pensare che tutte le letture – e tutte le esperienze - sono collegate da fili sottili, sono pezzi di un unico mosaico.

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  3. Rientro adesso dalle Dolomiti, dunque torno volentieri a Krakauer: autore, in questo caso, di un magnifico libro di montagna, "Aria sottile" (Corbaccio, 2005). Un libro che incolla alla pagina anche il lettore più sedentario. Una tragedia sull'Everest, il senso del limite, l'alpinismo come estetica, il turismo dell'estremo (ad alto costo), la natura che si ribella. Tutto mescolato e magnificamente raccontato, in presa diretta.

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  4. A proposito di gioco con la sorte e di sfida alla normalità vorrei citare il bel romanzo di Gianrico Carofiglio " Il passato è una terra straniera" (Rizzoli 2004, vincitore del Premio Bancarella 2005). Il protagonista è Giorgio, studente universitario di 22 anni, barese, figlio di intellettuali borghesi. Giorgio conduce una vita apparentemente normale finchè una sera, ad una festa, incontra Francesco,giovane bello e misterioso. Francesco per vivere gioca a carte e vince perchè sa barare abilmente. Giorgio diventa suo amico e complice e passa da una vita tranquilla ad una dimensione quotidiana torbida e ambigua. Passando da un tavolo da gioco ad un altro,sente crescere il desiderio di esplorare dimensioni sconosciute e "proibite": il brivido di vincere o perdere giocando a carte, il sesso a rischio, le droghe, lo spaccio di stupefacenti, il coinvolgimento in veri e propri atti criminali. Giorgio è cosciente del deterioramento di se stesso e dello "scivolamento" verso qualcosa di sconosciuto e di terribile che gli fa paura ma che, nello stesso tempo, lo attae.La discesa agli inferi, in un territorio estremo,è inarrestabile fino ad un finale ( per fortuna) catartico ( che non svelo per chi voglia leggere questo thriller psicologico).
    Il titolo del romanzo è tratto dal libro di uno scrittore inglese che Giorgio compra in libreria durante una giornata dominata dalla nostalgia dei giorni normali ormai perduti:" Il passato è una terra straniera: le cose avvengono in modo diverso da qui", storia di un ragazzo francese e della sua giovinezza nell'America degli anni 50. "Una storia di avventura, di tabù violati, di iniziazioni, di vergogna, d'amore e innocenza perduta". Giorgio si immedesima nella storia con la sensazione che quel libro parli di lui.Anche in questo caso, un libro può condurre ad un altro...

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