mercoledì 13 aprile 2011

Leggere con Ugo Cornia - verso "W o Il ricordo dell'infanzia", di Georges Perec

Questo romanzo (non so se si debba chiamarlo romanzo, somma di romanzi, affiancamento di testi di due o tre differenti nature, eccetera, ma per comodità chiamiamolo romanzo) e come dicevamo questo romanzo ha la caratteristica, tra l’altro dichiarata nel testo, di essere scritto intorno ad un buco. Infatti un po’ prima della metà del libro c’è questo buco, fatto di alcune pagine bianche, e al centro di queste pagine bianche c’è questo segno (…). Il segno (…) sarebbe il buco. Perec spiega che al centro dei romanzi molto spesso c’è un buco e molti che si mettono a scrivere un romanzo hanno questo buco (…) che li spinge a scrivere. Ognuno avrà il suo. Quindi la prima ipotesi che si potrebbe fare sarebbe che i romanzi sono dei tentativi di descrizione di buchi, ma Perec dice che in realtà non va così, nella realtà i buchi sono indescrivibili, forse sono anche invisibili e forse noi li sentiamo ma non possiamo metterci in nessuna prospettiva che ci permetta di guardare questi buchi, Perec dice che i buchi in realtà sono produttivi e attivi, il buco non ti lascia in pace e ti obbliga a scrivere. Nel caso che stiamo analizzando, cioè questo romanzo W o il ricordo d’infanzia, che sarebbe questo unico romanzo a buco dichiarato, il buco attivo va a situarsi in questo strano intreccio di varie storie, di cui alcune più o meno apparentemente di fantasia e altre autobiografiche, e quelle autobiografiche sono poi piene anche quelle di microbuchi e di piccole falsificazioni fantastiche (in genere chiarite in un sistema di note), mentre in quelle apparentemente di fantasia possiamo trovare continuamente delle specie di travestimenti fantastici di quello che assomiglia alla vita vera di Perec e alla sua difficoltà di ricordare e alla sua volontà di dire che non aveva ricordi di infanzia. Perché? Quindi? Non so che cosa dire e mi verrebbe da dire che quello che Perec era in grado di dire l’ha detto in modo meraviglioso con questo romanzo.
Ugo Cornia

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