lunedì 2 aprile 2012

Uomo e donna li creò - verso "Itaca per sempre" di Luigi Malerba


 Molti guerrieri che hanno combattuto sotto le mura di Troia sono tornati a casa e dormono con le loro spose. Altri hanno avuto una tragica accoglienza, come Agamennone, punito dal Fato per aver sacrificato la figlia Ifigenia al momento della partenza, per ottenere un vento favorevole. "Solo Ulisse è ancora assente - dice una nuova Penelope  - se cerco di dominare l’ira che mi sale dalle viscere è solo perché temo che sia stato travolto dal mare  tempestoso o lo abbiano accolto i tenebrosi regni dell’Ade”.
Penelope è stanca di fare e disfare la tela, è in pena per lui, ma è anche molto, molto arrabbiata. E l’astutissimo Ulisse dalle gesta coraggiose (decisive per la vittoria degli Achei) si rivela goffo quando ha a che fare con i sentimenti. E’ un’ispezione segreta (convinto che  solo così possa essere veritiera) quella che vuole compiere al suo ritorno sull'isola, per capire cosa è successo in questi venti anni,  senza di lui. Si copre di stracci e si finge un mendicante, vecchio e curvo appoggiato al bastone.
Ma pecca di ingenuità credendo che solo il cane Argo e la vecchia nutrice Euriclea lo abbiano riconosciuto (la vecchia lo teneva sulle ginocchia quando era piccolo e non le può sfuggire la cicatrice sul polpaccio mentre gli lava i piedi).  Penelope, nonostante Omero ce lo racconti, non  si lascia ingannare, neanche per un momento. E' la versione di Luigi Malerba in Itaca per sempre a mettere un po' di verità. Penelope è una moglie innamorata, non ha mai smesso di pensarlo e di sognarlo, come potrebbe non riconoscerlo? E non ha smesso nemmeno di temere, in tutti questi anni, che sia proprio la sua vanità (per i meriti di guerra) a tenerlo lontano da casa, per dispensare ancora fascino e raccogliere altri onori. E si domanda,  la fedele Penelope, come mai lui ritorni nella sua stessa casa sotto false spoglie e non da padrone, e come mai nemmeno la lontananza, la pena, la malasorte non riescano a scalfire la diffidenza di un uomo nei confronti della sua donna. E’ lui, agli occhi di lei, il colpevole di vanagloria, perché per dieci lunghi anni ha trascinato un viaggio di ritorno, che poteva compiersi in un anno. Dunque perché è lei ora ad essere ripagata con tanto sospetto? Cosa aspetta Ulisse a rivelarsi? La rabbia e la  frustrazione (di un corpo giovane e desiderante senza attenzioni né carezze) le fanno dire “ Starò anch’io al gioco della finzione. Vedremo chi riuscirà a trarne maggiore profitto”…”Se mi infliggerà altre amarezze io farò altrettanto con lui”.
Ulisse si rivela tardivamente. E’ fuori tempo! E’ lei a quel punto a fingere di non credergli e lui costretto ad aspettare, a tessere la sua tela. Non è una storia di vendetta, ma il rovesciamento di un punto di vista. Non è quella di Penelope un’attesa passiva, è una cura.  Ulisse piange finalmente. L’eroe ripensa agli anni della guerra (tribolati e felici). Ma quanto fu stupida quella guerra e il suo frivolo pretesto! Ulisse comincia a dubitare di quella forza e di quel vigore che per esprimersi hanno bisogno di ostacoli e di trame. 
Fu la moglie di Luigi Malerba, durante una conversazione, a suggerire  al marito un’interpretazione più credibile della storia d’amore  e d’avventura del re di Itaca. Una lettura lucida e attualissima perché, per certi versi, a Itaca ci siamo ancora, ora e sempre.

Elena Bellei

Nessun commento:

Posta un commento