Il romanzo in questo senso si potrebbe interpretare come un percorso di ricerca identitaria che di fatto non porta l’autrice a scoprire nuovi genitori, ma le consente di rendersi maggiormente consapevole dei propri problemi, ovvero di capire che l’unico modo per risolvere i propri conflitti non è quello di rimuoverli o di liberarsi da essi, ma di accettarli e di conviverci.
venerdì 22 febbraio 2013
Sotto lo stesso tetto - 16 febbraio - Il morto di Passy, Barbara Bongartz
Barbara
è una regista e scrittrice tedesca che da neonata
fu abbandonata da sua madre e adottata da una coppia senza figli. I genitori
adottivi di Barbara hanno ormai una certa età, sono separati da molti anni e
vivono ciascuno per conto proprio in residenze per anziani, la madre a Zurigo e
il padre da qualche parte vicino al confine olandese. Pure Barbara è divorziata
dal marito e ha una relazione a distanza con Viktor che lavora come diplomatico
in Afghanistan. Sono ormai molti anni che Barbara ha interrotto i rapporti con
il proprio padre adottivo, un uomo egoista che aveva a lungo tradito e umiliato
la moglie. Pur conoscendo sua madre naturale,
Barbara non è mai riuscita a scoprire l’identità del suo vero padre di cui però
sa che viene dal Sud della Francia. È
forse questo l’elemento mancante per cui a un certo punto della sua vita Barbara
si abbandona al richiamo di una lettera anonima che la porta a Parigi al
funerale del suo presunto padre, Alphonse Steiner. Un improvviso colpo di scena,
di cui lei stessa si crede protagonista, diventa il pretesto per immaginare una
storia diversa delle proprie origini, in cui lei sarebbe frutto di una
relazione romantica tra sua madre adottiva e un uomo pieno di qualità,
l’opposto di suo padre adottivo.
L’autore
della lettera anonima è Bernd Hecking, un conoscente del defunto Alphonse
Steiner e amico d’infanzia di Barbara. L’idea
bizzarra di Bernd doveva essere una risposta scherzosa alla recensione di un
romanzo di Barbara che nel frattempo era diventata scrittrice. Per Bernd il successo letterario
della sua amichetta d’infanzia è prova di quella fervida immaginazione che
Barbara nutriva sin da piccola quando giocando davanti a sua madre ipotizzava
di essere figlia di altri genitori. In
un incontro dopo il funerale Bernd scopre che Barbara non si è prestata al
gioco della lettera perché ha voglia di divertirsi, ma perché è veramente alla
ricerca di una risposta alla sua complicata e confusa identità di persona
abbandonata e adottata. Quelle
che Bernd da piccolo credeva fossero divertenti fantasie, erano in realtà
manifestazioni di un sentimento di disagio e di diversità di Barbara nei confronti dei propri genitori che solo
successivamente ha scoperto essere adottivi.
Diversi
partecipanti all’incontro, condotto dalla traduttrice del libro Claudia
Crivellaro, si sono giustamente chiesti perché l’autrice, nonostante fosse da parecchio
tempo a conoscenza della sua storia familiare, si è fatta trascinare in un
gioco sui propri genitori del tutto irrealistico? Perché ha avuto bisogno di
immaginarsi figlia naturale di sua madre adottiva e di un elegante banchiere francese
inscenando una storia da romanzo rosa?
Forse
perché, come mi pare ipotizzi anche l'autrice, in assenza di solidi punti di
riferimento nella propria vita era propensa ad attribuire alle circostanze
casuali significati che non avevano alcuna connessione con la realtà, ma che
momentaneamente potevano rassicurarla offrendole una via d’uscita da
quel mondo conflittuale dominato da tradimenti e abbandoni.
Il romanzo in questo senso si potrebbe interpretare come un percorso di ricerca identitaria che di fatto non porta l’autrice a scoprire nuovi genitori, ma le consente di rendersi maggiormente consapevole dei propri problemi, ovvero di capire che l’unico modo per risolvere i propri conflitti non è quello di rimuoverli o di liberarsi da essi, ma di accettarli e di conviverci.
Si
tratta certo di un’ipotesi interpretativa, che forse può aiutare ad alleviare
la frustrazione e il senso d’incompiutezza provati da alcuni lettori del
romanzo di Barbara Bongartz la cui discussione è stata particolarmente
piacevole grazie alla suggestiva lettura di alcuni brani da parte di Alberto Fidani, attore del Teatro Nero di Modena.
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bellissimo grazie!!!
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