mercoledì 23 febbraio 2011

Il salotto del martedì - 15 febbraio 2011 - Il diario di Jane Somers


Che libro, stavolta! Lo ammette anche Giorgio, che finora non si era granché riconosciuto nelle scelte del gruppo: nel “Diario di Jane Somers” di Doris Lessing c'è davvero qualcosa che parla a tutti noi.
Sarà che siamo un po' tutti nella fascia d'età in cui come minimo ti capita una vecchia zia da accudire. Più spesso, un genitore, e queste sono esperienze che ti cambiano dentro. Come dice Luisa, è nel rapporto con la madre anziana che ci si auto-educa e si nasce una seconda volta: quando sei tu la madre e lei è la bambina, allora a parti rovesciate si ricrea il rapporto-base della vita; così va tutto al suo posto, e il cerchio si chiude.
Va bene, dice qualcuno: ma quando non c'è un rapporto di parentela? Si può sapere perché Janna si prende tanto a cuore una sconosciuta, che non le è madre ed è tanto lontana da lei e dal suo mondo? (In effetti la diversità tra le due è tanto grande che a qualcuno sembra un espediente letterario). Ecco: perché? Una gran parte delle motivazioni di Janna risiede nel senso di colpa per non aver saputo affrontare adeguatamente la malattia e la morte della madre e del marito. Ma c'è anche qualcosa di più oscuro ed istintivo: l'immediato flusso di empatia che fa volgere la protagonista verso Maudie e non verso l'altra vecchietta cui il desiderio di “dedicarsi agli altri” l'aveva inizialmente indirizzata. E bisogna riconoscere che Maudie è così autentica, così forte, fiera, irriducibile nella sua orgogliosa povertà che sembra davvero di sentirne l'odore nelle narici e di vederne i rabbiosi occhi azzurri. È questo che fanno i grandi scrittori: ti fanno “vedere” le cose.
D'altra parte, un essere vero e vitale come Maudie non si limita a prendere; dà anche, e generosamente. La vecchietta regala storie, e Janna le prende e le fa sue, tanto da ricavarne materiale per un libro. In questo scambio c'è amicizia, anzi addirittura amore. Che differenza rispetto alla freddezza del rapporto mercenario o all'aiuto delle cosiddette “buone vicine”(va detto comunque che abbiamo sommamente invidiato il Welfare di quell'Inghilterra anni '80!).
Insomma, ci poniamo la domanda: è sufficiente l'assistenza pubblica, o il volontariato, a dare calore alla nostra vecchiaia? Una possibile soluzione potrebbe essere guardare gli altri con sguardo amoroso. È qualcosa che può nascere anche al di fuori della famiglia, istituzione non particolarmente apprezzata in questo libro (basta guardare i terribili parenti della vecchietta, che si rifiutano addirittura di pagarle il funerale).
Tutto sommato un altro “filo rosso” che percorre il romanzo potrebbe essere la critica alla famiglia tradizionale. Guardiamo come la sorella di Janna educa - o meglio non educa - i figli, guardiamo come Joyce, l'amica della protagonista, sacrifica tutto sull'altare della famiglia (o dell'amore) ed abbandona il suo lavoro per seguire in America un marito che sarebbe stato altrettanto contento di portarci l'amante. Beh, forse l'autrice vuole dirci che la vera famiglia è quella che si sceglie, non quella che ci è data in sorte.
Osserva Ivana che in diversi romanzi della Lessing compare quello che è probabilmente un tratto autobiografico, il rapporto con una nipote. Anche qui c'è la figura di Jill, la giovane nipote di Janna, che sembra raccoglierne il testimone nel momento in cui la protagonista, alla fine del suo interiore percorso di crescita, riduce i suoi impegni lavorativi per imparare a comportarsi “come un essere umano, non come una bambina”.
Sono le pagine più strazianti del libro, quelle che ritraggono la donna più giovane che accompagna la più vecchia verso la morte. Alla fine, un po' del bellicoso coraggio, della rabbia di Maudie sarà passato a Janna, ma a sua volta la giovane nipote avrà un atteggiamento “di cura” verso la zia.
I ruoli si ribaltano continuamente, ma alla fine prevale l'amore.


(a cura di Matilde Morotti; nella foto Doris Lessing)

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