mercoledì 25 gennaio 2012

Uomo e donna li creò - 14 gennaio 2012 - Una famiglia americana

Oltre cinquecento pagine fortemente volute da Joyce Carol Oates che spesso, nelle interviste, ammette di scrivere lunghe storie per la difficoltà di separarsi dai suoi personaggi. In ogni pagina, ciascuna indispensabile all'evolversi della storia, traspare questa passione della scrittrice che comunica autenticità a tutta la stesura del romanzo.

La storia della famiglia Mulvaney è ripercorsa attraverso i ricordi del figlio minore Judd. Questo stratagemma spiega una prima caratteristica di questo volume della Oates: lo stile narrativo.
I temi lanciati e approfonditi solo a distanza di tempo, il continuo andirivieni cronologico tra presente e passato, tra realtà e ricordi, l'arte di indugiare e disseminare indizi se può risultare artificioso rispetto al naturale susseguirsi degli eventi nella realtà, è però quello che rende accattivante il ritmo narrativo. Basta considerare l'uso del corsivo che diventa il segno, anche grafico, per esprimere il pensiero, il pensiero inconscio, il ricordo tabù che può ferire e che scandisce il ritmo della storia rendendola più intima e reale.

Due le chiavi di lettura a cui la narrazione si è prestata: da un lato la cultura, e nello specifico quella della società americana, e, dall'altra, la natura umana, quella che spiega sentimenti e comportamenti dei personaggi di questa storia.
Simili a 'maschere pirandelliane' questi personaggi si muovono in una comunità dominata da bigottismo ed ipocrisia, obbligati ad aderire al modello di famiglia che l'America impone, costretti a partecipare ai riti sociali che garantiscono riconoscimento ed integrazione nella comunità.

In questo contesto è l'imprevisto, un unico passo falso, quello che può infrangere il sogno americano e che al contempo rivela, però, la vera natura dei personaggi. Diventiamo così partecipi della loro vita di perdenti.
L'evento imprevisto, che annulla ogni precario equilibrio, è la violenza subita dalla giovane Marianne che coglierà impreparata lei, la sua famiglia e tutta la comunità che li circonda.

Marianne subisce uno stupro che vivrà con vergogna e sensi di colpa, ma subirà anche l'allontanamento dalla famiglia che si rivelerà poi la sua occasione di riscatto: lontano dalla famiglia potrà crescere affrancandosi dallo stereotipo di “ragazza pon-pon” vestita 'fragole e panna'.

Suo padre è la causa dell'allontanamento di Marianne, ma forse è anche la vittima sacrificale di questa vicenda: lui che aveva sempre cercato il consenso sociale (riuscendo a farsi ammettere al club cittadino), non riesce a superare il dolore di non aver trovato giustizia per sua figlia e con la sua morte permetterà alla famiglia di ritrovarsi e di guardare al futuro.

Complessa anche la figura della madre che da un lato sembra doversi adeguare al ruolo che le compete all'interno della famiglia e dall'altro è animata da amore sincero nei confronti del marito e dei figli, tutti uniti da un comune 'lessico familiare' che li rende complici nell'affrontare anche le difficoltà. Quando l'imprevisto li travolgerà, sarà suo il compito di 'resistere' e trovare una via di salvezza per la famiglia. Infatti sarà lei a scegliere di allontanare la figlia da casa e con questo sacrificio cercherà di riportare la serenità tra i restanti membri della famiglia.

A questi personaggi, messi in crisi dagli eventi, fa da contraltare una comunità che non perdona e che, fedele ai suoi falsi valori, contribuisce ad innescare una catena di eventi che condurranno alla completa distruzione di questa famiglia.

Solo Patrick, il secondo dei figli, riuscirà a rompere gli schemi stereotipati della loro comunità e, assumendo il ruolo di giustiziere, vendicherà la famiglia. Lui, lo studioso di scienza, impersonerà lo spirito darwiniano e trasformerà il momento della 'frattura' nella condizione necessaria per l'evoluzione del singolo e della società.

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