martedì 2 febbraio 2010
Un libro un film. Quarto incontro del GdL (28 gennaio 2010) - Nelle terre estreme
Nelle terre estreme è la ricostruzione di una vicenda realmente accaduta, quella di Chris McCandless, della cui fine tragica l'autore ci mette a conoscenza sin dalle prime pagine.
Il fatto di cronaca venne in un primo momento pubblicato da Jon Krakauer sulla rivista americana Outside, ma l'interesse che la notizia suscitò, e l'abbondanza di lettere che giunsero in redazione, portarono l'autore a scriverne una storia romanzata, corroborata dalle impressioni di chi aveva incontrato Chris durante le sue peregrinazioni. Krakauer non nasconde di provare una forte simpatia per il giovane McCandless, nonché un'immedesimazione che lo porta a inserire, tra le vicissitudini di Chris, anche un capitolo dedicato alla propria avventura personale. Come un padre putativo, lo ricorda con pietà, quasi giustificandone, con tenerezza e comprensione, i limiti, peraltro oggettivi.
Le suggestioni generate dal libro, le tematiche universali che lo permeano, sono molteplici: il rapporto con la natura, con i genitori, con la materialità, con l'autenticità e, soprattutto, la ricerca del senso della vita, si intrecciano con i singoli avvenimenti quotidiani della breve esistenza di Chris.
Ma la vera forza di Nelle terre estreme è la capacità di dividere i lettori, o chiunque venga a contatto con questa drammatica vicenda, in vere e proprie ‘correnti di pensiero’ diametralmente opposte.
Per Chris si prova fastidio o simpatia. Lo si ritiene un eroe romantico oppure uno stupido ingenuo.
C’è chi prova grande rabbia nei confronti di McCandless o, meglio, di Alexander Supertramp: qualcuno sostiene che chi è stato davvero avventuroso non può difenderlo e nemmeno giustificare la sua approssimazione nell’utilizzo delle attrezzature – per scongiurare la morte, sarebbero forse bastate una mappa o una bussola – e la smisurata arroganza. Allo stesso modo, tanti abitanti dell’Alaska, con le loro lettere pubblicate dallo stesso Krakauer, si erano espressi criticando aspramente non solo Chris, ma tutti quei viaggiatori poco preparati e superficiali, che mettevano a rischio la propria vita – e magari anche quella dei soccorritori – in totale incoscienza. Quello di Chris è un narcisismo esasperato, che lo porta a farsi beffe del consorzio umano, arrivando, nel piacere estremo di superare i limiti, al delirio di onnipotenza.
Al contrario, c’è chi crede che Chris sia un paladino della condanna alla società americana – e in generale occidentale – fatta di modelli di riferimento stereotipati, basati sul denaro e sulla carriera a tutti i costi. McCandless rifugge da tali convenzioni e aspira alla purezza assoluta, quella della natura incontaminata. Quello di Chris, non sarebbe dunque narcisismo, o egoismo, ma l’idealismo di chi non si lascia intrappolare nel mondo della meschinità umana. Chris, come San Francesco, si spoglia della ricchezza paterna per non doverne condividere anche le falsità. Qui si consuma l’eterno scontro tra natura e cultura, tra onestà e menzogna.
Tra questi due estremi, si situa una terza ipotesi: Chris è ancora un adolescente e come tale agisce. I suoi eccessi sono gli stessi evocati da Krakauer nella descrizione delle sue vicende autobiografiche: secondo l’autore, chi mette a repentaglio la propria vita, travolto dalla frenesia adolescenziale, sopravvive e procede nel cammino della maturità, solo ed unicamente per fortuna. L’unica colpa di Chris sarebbe, dunque, quella di non essere nato sotto una buona stella. A convalidare l’ipotesi del furore giovanile, che fungerebbe da motore primo dello slancio ribelle e fuori controllo di Chris, sono le sensazioni che egli vive costantemente con esasperazione, intensificate proprio dal suo animo tardo-adolescente: durante i suoi viaggi il caldo è più bruciante, il freddo è più pungente, il cielo è più limpido, come se le percezioni fossero drogate dalla giovinezza stessa.
Infatti, McCandless sembra affrontare un viaggio iniziatico, un rito di passaggio che lo mette costantemente alla prova, ma per il quale non è stato istruito a sufficienza. Chris confonde un rito di passaggio con la vita, scambia la cerimonia per la realtà. È privo non solo degli insegnamenti di un adulto che lo accompagnino al varco della maturità, ma si situa anche al di fuori di un gruppo sociale: i suoi amici sono i libri e la letteratura surroga la vita.
Se è vero che ogni grande trasformazione richiede la necessaria solitudine, e che solo dopo la metamorfosi si può ri-accedere alla comunità, Chris giunge, troppo tardi, alla consapevolezza che «la felicità sta solo nel vivere per gli altri» e vuole ricongiungersi, dopo essersi ‘smarrito’, con gli altri uomini.
Un’impressione - non del tutto condivisa nel gruppo - è quella di credere che Chris sia inconsciamente così attratto dalla morte, da cercare intenzionalmente di non portare con sé mezzi essenziali di sopravvivenza. La sua, allora, sarebbe una missione verso la più estrema delle terre, la morte, attraverso un cammino autodistruttivo che può forse essere accostato a certe dipendenze.
Secondo alcune di noi, ma l’opinione non è unanime, l’avventura in solitaria è un’esperienza tipicamente maschile. Le donne hanno più spesso bisogno di compagnia. Thelma e Louise, emblemi dell’avventura al femminile, vivono ogni evento insieme, perfino la morte. La donna fatica a stare da sola perché così le è stato insegnato: ‘la notte meglio non passeggiare da sola…’
In Chris sono tantissime le contraddizioni: vuole ritornare ad esser un uomo selvaggio, ma porta con sé i simboli della cultura umana, i libri. Vuole chiamare le cose col loro nome, ma il suo pseudonimo è Alexander Supertramp; si nega alle relazioni ma allo stesso tempo le accende - con l’anziano e disilluso Ron Franz, con la coppia di hippie Jan e Bob Burres -, tanto da farsi veramente amare.
Coloro che hanno visto il film, non hanno dubbi nel considerarlo superiore al libro, sia per la magistrale regia di Sean Penn, sia per la colonna sonora affidata al leader dei Pearl Jam, Eddie Vedder, che hanno reso in breve tempo Into the Wild un cult.
Il fatto di cronaca venne in un primo momento pubblicato da Jon Krakauer sulla rivista americana Outside, ma l'interesse che la notizia suscitò, e l'abbondanza di lettere che giunsero in redazione, portarono l'autore a scriverne una storia romanzata, corroborata dalle impressioni di chi aveva incontrato Chris durante le sue peregrinazioni. Krakauer non nasconde di provare una forte simpatia per il giovane McCandless, nonché un'immedesimazione che lo porta a inserire, tra le vicissitudini di Chris, anche un capitolo dedicato alla propria avventura personale. Come un padre putativo, lo ricorda con pietà, quasi giustificandone, con tenerezza e comprensione, i limiti, peraltro oggettivi.
Le suggestioni generate dal libro, le tematiche universali che lo permeano, sono molteplici: il rapporto con la natura, con i genitori, con la materialità, con l'autenticità e, soprattutto, la ricerca del senso della vita, si intrecciano con i singoli avvenimenti quotidiani della breve esistenza di Chris.
Ma la vera forza di Nelle terre estreme è la capacità di dividere i lettori, o chiunque venga a contatto con questa drammatica vicenda, in vere e proprie ‘correnti di pensiero’ diametralmente opposte.
Per Chris si prova fastidio o simpatia. Lo si ritiene un eroe romantico oppure uno stupido ingenuo.
C’è chi prova grande rabbia nei confronti di McCandless o, meglio, di Alexander Supertramp: qualcuno sostiene che chi è stato davvero avventuroso non può difenderlo e nemmeno giustificare la sua approssimazione nell’utilizzo delle attrezzature – per scongiurare la morte, sarebbero forse bastate una mappa o una bussola – e la smisurata arroganza. Allo stesso modo, tanti abitanti dell’Alaska, con le loro lettere pubblicate dallo stesso Krakauer, si erano espressi criticando aspramente non solo Chris, ma tutti quei viaggiatori poco preparati e superficiali, che mettevano a rischio la propria vita – e magari anche quella dei soccorritori – in totale incoscienza. Quello di Chris è un narcisismo esasperato, che lo porta a farsi beffe del consorzio umano, arrivando, nel piacere estremo di superare i limiti, al delirio di onnipotenza.
Al contrario, c’è chi crede che Chris sia un paladino della condanna alla società americana – e in generale occidentale – fatta di modelli di riferimento stereotipati, basati sul denaro e sulla carriera a tutti i costi. McCandless rifugge da tali convenzioni e aspira alla purezza assoluta, quella della natura incontaminata. Quello di Chris, non sarebbe dunque narcisismo, o egoismo, ma l’idealismo di chi non si lascia intrappolare nel mondo della meschinità umana. Chris, come San Francesco, si spoglia della ricchezza paterna per non doverne condividere anche le falsità. Qui si consuma l’eterno scontro tra natura e cultura, tra onestà e menzogna.
Tra questi due estremi, si situa una terza ipotesi: Chris è ancora un adolescente e come tale agisce. I suoi eccessi sono gli stessi evocati da Krakauer nella descrizione delle sue vicende autobiografiche: secondo l’autore, chi mette a repentaglio la propria vita, travolto dalla frenesia adolescenziale, sopravvive e procede nel cammino della maturità, solo ed unicamente per fortuna. L’unica colpa di Chris sarebbe, dunque, quella di non essere nato sotto una buona stella. A convalidare l’ipotesi del furore giovanile, che fungerebbe da motore primo dello slancio ribelle e fuori controllo di Chris, sono le sensazioni che egli vive costantemente con esasperazione, intensificate proprio dal suo animo tardo-adolescente: durante i suoi viaggi il caldo è più bruciante, il freddo è più pungente, il cielo è più limpido, come se le percezioni fossero drogate dalla giovinezza stessa.
Infatti, McCandless sembra affrontare un viaggio iniziatico, un rito di passaggio che lo mette costantemente alla prova, ma per il quale non è stato istruito a sufficienza. Chris confonde un rito di passaggio con la vita, scambia la cerimonia per la realtà. È privo non solo degli insegnamenti di un adulto che lo accompagnino al varco della maturità, ma si situa anche al di fuori di un gruppo sociale: i suoi amici sono i libri e la letteratura surroga la vita.
Se è vero che ogni grande trasformazione richiede la necessaria solitudine, e che solo dopo la metamorfosi si può ri-accedere alla comunità, Chris giunge, troppo tardi, alla consapevolezza che «la felicità sta solo nel vivere per gli altri» e vuole ricongiungersi, dopo essersi ‘smarrito’, con gli altri uomini.
Un’impressione - non del tutto condivisa nel gruppo - è quella di credere che Chris sia inconsciamente così attratto dalla morte, da cercare intenzionalmente di non portare con sé mezzi essenziali di sopravvivenza. La sua, allora, sarebbe una missione verso la più estrema delle terre, la morte, attraverso un cammino autodistruttivo che può forse essere accostato a certe dipendenze.
Secondo alcune di noi, ma l’opinione non è unanime, l’avventura in solitaria è un’esperienza tipicamente maschile. Le donne hanno più spesso bisogno di compagnia. Thelma e Louise, emblemi dell’avventura al femminile, vivono ogni evento insieme, perfino la morte. La donna fatica a stare da sola perché così le è stato insegnato: ‘la notte meglio non passeggiare da sola…’
In Chris sono tantissime le contraddizioni: vuole ritornare ad esser un uomo selvaggio, ma porta con sé i simboli della cultura umana, i libri. Vuole chiamare le cose col loro nome, ma il suo pseudonimo è Alexander Supertramp; si nega alle relazioni ma allo stesso tempo le accende - con l’anziano e disilluso Ron Franz, con la coppia di hippie Jan e Bob Burres -, tanto da farsi veramente amare.
Coloro che hanno visto il film, non hanno dubbi nel considerarlo superiore al libro, sia per la magistrale regia di Sean Penn, sia per la colonna sonora affidata al leader dei Pearl Jam, Eddie Vedder, che hanno reso in breve tempo Into the Wild un cult.
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