mercoledì 1 febbraio 2012

Uomo e donna li creò - verso "Modi bruschi. Antropologia del maschio" di Franco La Cecla


Simone de Beauvoir era convinta che un uomo non si sarebbe  mai messo a scrivere un libro sulla situazione particolare dell’essere  maschio. Per molto tempo, almeno nella cultura occidentale,  il maschile non è stato tema di studio. Maschi si nasce o si diventa? Il desiderio ha un sesso oppure è solo un diverso travestimento di un desiderio identico? Libido, istinti, pulsioni, possono essere riconducibili ad un’ unica lettura?

Nel frattempo le donne, sulla condizione femminile, hanno spaccato il capello in quattro. Hanno indagato dentro diversi mondi, dal biologico al sociale, dallo storico al politico, lavorando anche per loro. Si sono organizzate per aprire gli occhi ai miopi, per smentire i bugiardi, per decapitare i giganti, per smascherare le  loro stesse complicità, e tentare di riscrivere storia.

Secondo Franco La Cecla, antropologo (Modi bruschi, ed. elèuthera), le donne hanno prodotto anche miseri stereotipi sugli umani di sesso maschile, e provocato reazioni altrettanto stereotipate e misere da parte di molti di loro (un piccato orgoglio maschile, oppure un’autoflagellazione umiliata, più rara).

 “Come se - dice La Cecla - la politicizzazione delle identità sessuali avesse spento la capacità di scavare, di costruire un’ archeologia delle identità sessuali”. Come se la granitica posizione politically correct, che tende a identificare la mascolinità con il dominio, non ci avesse lasciato la libertà di guardare, di osservare meglio, di cercare e anche di trovare. Maschio e femmina non sono due attributi idraulici – dice La Cecla - due diverse maniere di eccitarsi, sono due diverse antropologie. Siamo prudenti dunque a generalizzare, e nell’attribuire i nostri stessi desideri all’altro genere (così come sbaglieremmo se volessimo proiettare il nostro sentire sui nostri antenati o  trasferirlo su altre culture). Relativizziamo!

L'antropologia potrebbe avere un grosso ruolo da giocare nei Gender Studies, perchè fa andare avanti i fenomeni, fa proseguire gli scavi archeologici dell'identità senza farsi imbrigliare da comodi ideologismi.

E’ vero, e fino qui ci siamo. Ma poi?  Dove lo troveremo questo uomo, se lo troveremo.  L’antropologia ci dice che la mascolinità fa parte di una pratica, di un campo d’ azione, di maniere introiettate a un tale livello da sembrare naturali,  e nella durezza (i modi bruschi) della costruzione maschile c'è un’ ambiguità da comprendere: si diventa maschi rinunciando a morbidezze e rotondità, perchè questa è la condizione. L'identità taglia via delle cose, e dunque siamo parziali (uomini e donne). Non sarà  in questa stessa parzialità l'origine del desiderio dell'altro? Non sarà proprio questa incompletezza che ci rende interessanti agli occhi dell'altro? Dunque un incontro è possibile solo in termini di malinteso, c’è una sorta di rimpianto nel guardare il femminile per tutto ciò che maschile non è, e un uguale rimpianto nel tentativo di dare al femminile tutto ciò che il maschile pensa di essere, e non è.

“Le donne in definitiva non sapranno mai cos’è davvero la mascolinità e gli uomini saranno delusi quando crederanno di averla trovata. Le identità sessuali devono sfuggire di mano come anguille. Chi volesse levar loro il liquido vitale del malinteso si troverebbe tra le mani solo organi freddi”.

Un bel libro, politicamente scorretto, da leggere con sospetto e gratitudine.

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