È il corpo di Delia, adulta e bambina, che parla nel bel romanzo di Elena Ferrante, L'amore molesto. Un corpo scosso dalla morte misteriosa della madre che nel ricordo a tratti si sovrappone alla figura di lei, ora con rabbia e fastidio, ora con la volontà di riscattarne l'immagine più vera, per farla vivere anche dopo che il suo corpo è stato ritrovato in mare, con addosso solo un costoso reggiseno di pizzo.
La madre, Amalia, era bruna e bellissima, i capelli le luccicavano “come la pelle di una pantera”, curiosa, pacatamente divertita, motivo di attenzioni scurrili da parte degli uomini del quartiere e per queste sue “colpe” colpita con violenza dal marito ad ogni accesso di gelosia. Anche Delia nei suoi confusi sentimenti di bambina la vive come fonte di irrequietezza e di pericolo a causa della violenza che il suo stesso esistere procura, tanto che, confondendo realtà e fantasia, in una mistura di ingenua sensualità infantile, si inventa e confessa peccati inesistenti della madre con l'amico di famiglia, Nicola Polledro, detto il Caserta...“che non se la voleva togliere dalla testa”.
Sarà il Caserta (“puro agglomerato di trepidazioni infantili”) ormai vecchio, ancora seduttivo, elegante, dai capelli bianchissimi e curati, che giocherà con Amalia un gioco tardivo fatto di vanità e feticismo e che, per poco tempo e pericolosamente, restituirà alla donna il suo corpo negato.
I quartieri poveri di Napoli che fanno da sfondo alla storia, grondano come i protagonisti di una fisicità inquieta fatta di erotismo aggressivo, di palazzi fatiscenti, di invalidità del corpo esibite in cambio di favori, di segreti o di verità gridate.
Quanto racconta il corpo a saperlo ascoltare? Quanto la sua materia di carne e sangue (lacrime, vomito, olfatto) si fa invadente e si trasforma in visione, memoria, fantasma? E infine cosa può trovare seguendo le orme lasciate da un altro corpo, quello materno? Si potrebbe dire un libro sul segreto, o sulla colpa, sul rapporto complicato e ambivalente tra madre e figlia, o ancora una storia sull'identità che viene al mondo, trova spazio e ossigeno solo dopo una degna sepoltura della madre, non “nella vasca di pietra grigia colmata di terra”, ma nella terra interiore e feconda delle proprie figlie. Non a caso l'incipit del libro ci dice “Mia madre annego' la notte del 23 maggio, giorno del mio compleanno...”.
Elena Bellei, conduttrice del Gruppo di Lettura della Biblioteca Delfini
Un libro in cui ricordo e presente si fondono; in cui la memoria, le sovrapposizioni di immagini ed emozioni che snaturano o interpretano il passato, si innestano in un giallo a tratti inquietante.
RispondiEliminaNon scevro di riferimenti psicanalitici, cala lo spettatore nelle intricate e spesso nevrotizzanti dinamiche familiari, sulle comunicazioni interrotte e sui fraintendimenti che corrodono anche i legami più stretti.
Le sensazioni che lascia il libro, impregnato di fisicità negativa, greve descrizione di materialità anche disturbante, intrico di simbolismo, psicoanalisi e cose non risolte del proprio inconscio, sono di smarrimento, inquietudine, fastidio.
RispondiEliminaE tutto ciò nonostante la qualità della scrittura sia alta, come l'abilità nel descrivere personaggi e interiorità.
Ma il lettore è già stremato da questa incalzante, quasi morbosa ricerca della madre (e della sua fine) e assieme di sè stessa da parte della protagonista quando arriva alla frase finale rivelatrice che identifica Amalia con Delia.. è troppo tardi per rasserenarsi e si resta davanti al punto finale straniti ed attoniti.
ciao a tutte, sono riuscita a farmi l'account!! l'incontro di ieri è stato molto interessante e ho "riletto" il libro, grazie alla diversità dei vostri sguardi sulla storia. ho realizzato che effettivamente si tratta di un viaggio di crescita per delia che riesce ad integrare parte della sua identità femminile sepolta. l'unica cosa che forse è un pò troppo è che alla fine diventa quasi uguale alla madre. comunque si tratta di un libro molto bello e la definizione "un thriller dell'anima" mi sembra azzeccata. alla prox
RispondiEliminaHo trovato molto utile accostare alla lettura del testo "L'amore molesto" quella di "La frantumaglia" di Elena Ferrante, che E/O ha rieditato nel 2007 con nuovi contributi. Attraverso scambi epistolari con l'editore o con il regista o altri brevi interventi, è possibile ricostruire una sorta di "poetica" dell'autrice e di rispondere, con la sua stessa voce, a molte delle domande che viene spontaneo farsi durante la lettura del romanzo. Inoltre "La frantumaglia" mi ha aiutato, a volte, ad andare avanti con la lettura del romanzo quando uno stile a tratti spigoloso, contorto, contratto e quindi faticoso tendeva a frenarmi. Nelle lettere e nei brevi saggi ho in alcuni momenti "preso aria" da pagine più scorrevoli, più "dolci" e mi è stato facilitato il compito di concludere la lettura del romanzo.
RispondiEliminaPaura, ansia, scontentezza, stupore, disagio, sorpresa, spavento, timore, senso di soffocamento, malessere, tepidazione infantile, ancora stupore, pulsione omicida, fastidio, insofferenza, inquietudine vergogna, ostilità, astio, imbarazzo, depressione contenuta e insincera. Solo alcune delle emozioni di Delia per rinascere.
RispondiEliminaSono assai soddisfatta di essere riuscita a entrare qui. Il luogo è un po' stretto, un bigliettino o poco più. Comunque mi restringerò. Un thriller dell'anima, sì, è una definizione che ho letto. Forse è per questo che il libro alla fine non mi è piaciuto: l'anima femminile non è fatta a forma di thriller, come questo libro non è fatto a forma di anima femminile. Indagine e mistero sono forme rigide per l'anima, per raccontare la sua crescita. Delia è un personaggio che non riesce a convincermi, costretta in una scrittura che non è il suo vestito.
RispondiEliminadevo dire che il film di martone mi ha dato una strana sensazione: la mia fantasia sembrava sovrapporsi completamente con il film. direi che è molto riuscito come interpretazione del libro.
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