venerdì 10 dicembre 2010
Un libro, un film - verso 'Il mondo deve sapere' di Michela Murgia
Il mondo deve sapere - Romanzo tragicomico di una telefonista precaria è una commedia amara, condita con ironia feroce, sul lavoro precario che umilia e affama, ed è anche un atto d’accusa, un appello tra il sarcastico e il disperato: 'Precari di tutto il mondo unitevi!'.
Il mondo deve sapere è una sorta di diario che diverte e sgomenta («…ma io non ci credo figuriamoci se è vero…» direbbe Benigni a proposito dei disastri del nostro paese…) raccontando giorno dopo giorno un mese di lavoro in un call center dove ci si agita come forsennati, si mente senza colpa, e si fanno le scarpe ai colleghi per fissare appuntamenti telefonici, vendere aspirapolveri e turlupinare centinaia di casalinghe. Leggero, paradossale, visionario e militante (ricorda la Brunella Gasperini degli anni '70, ma la sua era una rivoluzione garbata d’altri tempi, lei non avrebbe mai usato 'cazzo' neanche 'eccheccazzo'! Che qui ce n’è parecchi).
Qualcuno lo ha definito 'un testo teologico' che svela i rituali segreti della più potente fede religiosa che esista al mondo (lo ha scritto Nicoletti su «La Stampa»). E a ben guardare i rituali blasfemi della setta religiosa ci sono tutti perché c’è la soggezione e la vergogna, oltre alla 'preghiera' collettiva del mattino, che ti fa sentire un tutt’uno con la grande famiglia, ti energizza, ti ricarica, ti convince che 'sei nel giusto' anche se manipolatore e bugiardo, che tutto puoi essere e sarai, se fedele alla missione Kirby (la multinazionale dell’aggeggio aspirapolvere igienizzatore lucidatore massaggiatore con brevetto della Nasa). Ma nel cerimoniale è previsto anche il peccato, se non raggiungi l’obiettivo, c’è la minaccia incombente della punizione ovvero il licenziamento, c’è l’espiazione o lo sberleffo plateale davanti ai colleghi e la redenzione se ce la metti tutta e ce la fai. Perché se credo in te e nel tuo dio tu ce la farai!! Farcela significa prendere una settantina di appuntamenti al mese anche se te ne saranno pagati forse meno della metà.
Diciamo che al di là della qualità letteraria del testo ci interessa il tema e ci interessa l’autrice, che è nata a Cabras in Sardegna, che a ragione detesta essere definita giovane scrittrice (ha 38 anni), e che dopo questo libro, diventato prima uno spettacolo teatrale e poi un film (Tutta la vita davanti diretto da Paolo Virzì) ha scritto il romanzo Accabadora e si è aggiudicata il premio Campiello. Poi ha aperto un sito molto 'politico', ha una rubrica fissa nella trasmissione Le Invasioni barbariche, fa parte del Coordinamento Teologhe Italiane e collabora con molti periodici.
Il libro ha il merito di diventare un luogo. Dal momento che siamo a corto di posti dove la gente incontra altra gente, siamo a corto di piazze e di sezioni di partito - dice la Murgia - facciamo diventare i libri luoghi. Può succedere che un libro generi una comunità, e che questa comunità crei relazioni tra chi si riconosce nel protagonista e che produca coscienza, scatti d’orgoglio, azione, cambiamento. Noi siamo d’accordo con lei.
Elena Bellei, conduttrice del GdL 'Un libro, un film'
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Elena, devo dire che la tua introduzione a questo libro, decisamente esile dal punto di vista della qualità letteraria, mi è molto piaciuta, per l'ipotesi interpretativa che la sottende: un libro può essere tante cose, oltre ad un capolavoro narrativo: per esempio, un "luogo", una spazio di identificazione, una possibile comunità. Di questo, forse, abbiamo altrettanto bisogno che di "capolavori".
RispondiEliminaElena e iscritte/i al gruppo, sul sito di social network del libro, Anobii (www.anobii.com), ho trovato un gruppo chiamato Dal libro al grande schermo dove ho proposto una discussione sul libro della Murgia e il film di Virzì accennando al nostro gruppo di lettura..aspetto risposte da altri iscritti e vi dirò qualcosa se vorrete.
RispondiEliminaSul commento di Elena sono d'accordo tranne che forse più che luogo il libro è denuncia e testimonianza che può generare altri "luoghi" (movimenti, o anche leggi anti disoccupazione e anti società fraudolente come quella del Kirby, perchè no?).. è una miccia che accende veri luoghi, è la provocazione che smuove le acque, è la cruda inaccetabile descrizione di una desolante realtà per tanti giovani, è stimolo per cambiare e atto d'accusa. Non carichiamolo però di meriti che non ha come quello letterario o quello di manifesto politico.