martedì 5 aprile 2011
Leggere con Ugo Cornia- 30 marzo 2011 - Da un castello all'altro
La lettura di questo romanzo, primo di una serie pubblicata in Italia con il titolo Trilogia del Nord, ha diviso il gruppo dei lettori: da una parte quanti hanno trovato ostica la lettura e non sono riusciti a completarla e dall'altra quanti hanno scoperto un autore ed un'opera che li ha interessati ed affascinati.
Un primo tema di discussione sono stati la lingua e lo stile di Céline. Come afferma il suo traduttore, Gianni Celati, si tratta di opere scritte in un francese piuttosto inusuale (un misto di parlate parigine dette 'argot') che ha comportato non pochi problemi di traduzione (Celati si era addirittura costruito un proprio 'dizionario' per lavorare sulle queste opere).
Caratteristica, invece, dello stile è l'interruzione delle frasi con i tre puntini di sospensione: una frantumazione del pensiero che ha reso difficoltosa la lettura ad alcuni, ma che, come evidenzia Ugo Cornia, è un efficace espediente per cambiare la prospettiva della narrazione in modo da espandere e mutare continuamente le scene ed i ricordi consegnati al lettore.
Il testo di Céline è un'invettiva contro il potere ed una denuncia delle difficoltà che l'anziano medico è costretto a sopportare quotidianamente, ma è anche una narrazione capace di creare i piccoli ritratti di personaggi e di incorniciare immagini che restano vivide nella mente del lettore. E' il caso degli animali che si dimostrano superiori rispetto all'uomo in numerose circostanze e così mentre nell'uomo "la testa è una specie di officina che funziona mica così bene come uno vuole" (p.143) i gatti dimostrano un notevole senso di orientamento anche in ambienti molto dispersivi "che Bèbert era a casa sua nel castello immenso da sopra le torrette sino alle cantine...s'incontravano Lili lui da un corridoio all'altro” (p.143). Né si può dimenticare "Bessy, la mia cagna, più tardi, nei boschi, in Danimarca...se la svignava...io la chiamavo...dài!...non sentiva!...era in fuga..." una fuga perenne fino a quando, quasi senza lamentarsi, con il muso rivolto a nord, verso la Danimarca, era morta "e in posizione veramente molto bella, come in pieno slancio, in fuga...ma sul fianco, prostata, sfinita...il naso verso le sue foreste da fuga, lassù da dove veniva, dove aveva sofferto...Dio sa!?" (p.145).
Non potevano mancare momenti di riflessione sulla guerra e sulle sue conseguenze: dall'immagine dell'esercito che dovrebbe rappresentare il potere nella sua massima forma di organizzazione e che invece si rivela nella sua pochezza ed inconsistenza, fino al ricordo che il “Ppf era il partito che reclutava di più, l'effetto delle vetrine e delle panche...se avesse dato da mangiare, in aggiunta, l'infima gavetta, avrebbe reclutato tutto il paese, compresi i crucchi...civili e marmittoni!...a un certo punto delle cose degli avvenimenti resta più che un trucco: sedersi dove si mangia...ah, poi anche i francobolli! Vi scordavo! Cercare dei francobolli, collezionare!...tutti gli uffici postali che ho visto attraverso la Germania, mica soltanto Siegmaringen, le città più grandi, i più piccoli villaggi, erano sempre gremiti di clienti, e agli sportelli delle “collezioni”...delle code e delle code, a collezionare francobolli di Hitler, tutti i prezzi!” (p.300)
La discussione si è da qui spostata su una questione interpretativa e di lettura più generale: in quale considerazione si deve tenere il proprio giudizio morale sull'autore quando si legge un libro?
Nella introduzione Gianni Celati scrive:
“Louis-Ferdinand Céline (1894-1961) è uno dei grandi innovatori letterari del suo secolo […] Più che altro è noto per un'infamante reputazione politica” ed è quindi lecito interpretare i suoi libri partendo dal suo essere stato nazista ed antisemita?
La sua scrittura è forse un modo per riscattare le sue responsabilità umane e politiche di 'convinto nazista' oppure è la semplice riflessione di un medico dal volto umano che è stato una vittima della storia?
Tra i lettori presenti sono emerse entrambe le possibili letture, ma ci ha convinti l'idea di Cornia che il valore di un libro prescinde dal suo autore e che quindi per apprezzare la lettura di un'opera è indispensabile scindere la potenza della scrittura dalle considerazioni etiche sulla vita e sulle scelte politiche dell'autore. Tenendo conto di questa prospettiva Céline è un artista che con il suo sguardo ironico unisce comico e tragico e ci propone una lettura lucida del '900.
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Ma quanto è dura leggere un "genio" come Celine, senza il sostegno di chi ce l'ha fatta, e l'ha pure trovato bello, senza le "voci" di questi compagni di lettura che ti spiegano perché l'hanno amato, e gli prestano la voce, e ne leggono alcuni brani qua e là, e quei brani scopri che convincono anche te.
RispondiEliminaUna cosa è certa: senza il sostegno del gruppo di lettura, e a costo di sembrare una sempliciotta, un libro così non l'avrei nemmeno aperto. Perciò, viva i gruppi di lettura, viva i lettori che si passano voce e si danno di gomito, e hanno voglia - dopo una giornata di lavoro - di spendere ancora due ore a decifrare Celine!