venerdì 25 gennaio 2013

Il salotto del martedì - 15 gennaio 2013 - Paul Harding, L'ultimo inverno


Paul Harding, L'ultimo inverno, Neri Pozza 2011

La storia di L'ultimo inverno è innanzi tutto un trionfo del passaparola: inizialmente rifiutato dai lettori più titolati, il romanzo è stato pubblicato da una piccola casa editrice indipendente, riuscendo a sorpresa a guadagnarsi nel 2010 il premio Pulitzer.
L'autore è un outsider, naturalmente: prima di approdare alla narrativa ha insegnato scrittura creativa ed è stato batterista in un gruppo rock (si sente, da una certa musicalità della prosa).
La trama, molto esile, s'incentra sugli ultimi giorni di vita di George Washington Crosby, un uomo che, col pensionamento, ha scoperto la propria vocazione di riparatore di orologi. Si avvicina la morte, e tutto crolla; crolla idealmente la casa che George si è costruito pezzo a pezzo, tacciono gli orologi, si scompone in molteplici tessere il mosaico della vita precedente. Arrivano i ricordi, soprattutto quelli del padre Howard, che col suo abbandono ha segnato la vita del figlio. 
Un uomo in fuga, Howard. Col suo carretto carico di cianfrusaglie e di umili oggetti, vaga per le strade e i boschi del New England, simbolo di un'America antica e marginale e anche della diversità generata dalla malattia. Howard, infatti, è epilettico e questo, se da un lato gli permette di entrare in contatto con la segreta bellezza delle cose (straordinaria la pagina in cui, prima di una crisi, egli fa un arazzo con i primi fiori della primavera), dall'altro distrugge la sua vita familiare. La moglie, infatti, indurita dal dolore (o forse incapace d'amore... c'interroghiamo a lungo su di lei), minaccia di rinchiuderlo in una casa di cura e lui infine scompare, diretto verso una vita diversa.
Tornerà per salutare il figlio, una sera d'inverno, e questo sarà l'ultimo ricordo recuperato da George, un attimo prima di morire. Questo ci sembra il senso del libro: tornare indietro un'ultima volta, ritrovare il padre, comprenderne le ragioni.
Libro non facile, sicuramente. Qualcuno ne ha un'impressione di freddezza, qualcuno ne apprezza il lirismo, quasi tutti rileviamo l'artificiosità un po' letteraria di certi inserti (il manuale per orologiai, il dizionario-enciclopedia). Faticoso anche seguire, nel flusso di coscienza, l'alternarsi dei punti di vista e dei piani temporali.
Siamo comunque tutti affascinati da questo mondo, che ci ricorda La lettera scarlatta, Whitman, Thoreau, ma anche La morte di un commesso viaggiatore.
Un mondo scomparso, un'altra America.

Matilde Morotti

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