giovedì 20 ottobre 2011

Leggere/Scrivere - Scrivere/Leggere - Corso di scrittura con Ugo Cornia

Parte il corso di scrittura "Leggere/Scrivere - Scrivere/Leggere", condotto dallo scrittore Ugo Cornia. I lavori del gruppo sono documentati nel blog http://www.comune.modena.it/biblioteche/leggerescrivere/.

Perché un corso di scrittura sul blog dei gruppi di lettura? Perché - come si capisce anche dal titolo scelto dal conduttore - leggere e scrivere sono due gesti strettamente connessi: non si scrive se non si legge. Così ogni incontro sarà costituito da una introduzione e da letture a cura di Ugo Cornia, da esercitazioni pratiche e poi dalla lettura collettiva dei testi dei partecipanti.

Il corso è a numero chiuso (minimo 15, massimo 25 iscritti). La quota di partecipazione è di 90 euro. I dieci incontri, a cadenza settimanale, si svolgeranno il martedì dalle 19 alle 21 nei giorni: 15, 22 e 29 novembre 2011; 6, 13 e 20 dicembre; 10, 17 e 24 gennaio 2012; 7 febbraio.

-Info ai numeri:

059 2032798/2931/2940

-Iscrizioni in biblioteca, al punto informativo di Sala Panaro, 1° piano, a partire dal 2 novembre



Leggere e scrivere, di Ugo Cornia

Tante volte, di pomeriggio quando è tardi, magari in quei periodi di luce calante come l’attuale che in un certo senso ti riempiono naturalmente di tristezza, allora uno non sa cosa fare ma sente che gli cresce dentro il magone e vorrebbe magari impiccarsi e inizia a chiedersi come trovare una corda e qualcosa su cui far passare la corda, ma la casa è moderna e senza travi, e lui magari invece di impiccarsi si mette a scrivere qualcosa; oppure meditava di trovare una pistola, sempre per spararsi un colpo in testa e farla finita, ma una pistola non ce l’ha e non frequenta abitualmente gente della mala per procurarsela, quindi non sa come fare quando un bel momento gli viene in mente che suo nonno era cacciatore e possedeva una doppietta, va in solaio a cercare questa doppietta e sposta tutto ma non trova la doppietta, allora telefona a sua zia per sapere che fine ha fatto la doppietta del nonno, e sua zia gli dice “nessuno aveva il porto d’armi, nessuno andava più a caccia, non sapevamo cosa farcene della doppietta, l’abbiamo regalata. Perché, a che cosa ti serviva la doppietta?”. Lui però a quel punto non dice a sua zia “mi serviva perché volevo spararmi un colpo, ma le dice che di colpo gli era venuta in mente la doppietta e voleva sapere che fine aveva fatto. E però dopo si mette a scrivere una invettiva segreta contro la zia e la madre che hanno regalato questa doppietta in un modo che secondo lui è stato troppo leggero, come se possedere una doppietta fosse completamente inutile. Soltanto che scrivendo l’invettiva poi gli vengono in mente tanti altri rancori e diverbi che inizia a scrivere un romanzo e va a finire che non si spara più. Anzi, quando legge le prime pagine della sua invettiva, dove c’è sempre il problema che non potrà usare la doppietta per spararsi, il problema di spararsi gli sembra ormai superato. Questi casi di cui abbiamo parlato sopra illustrano benissimo che la scrittura, come del resto la lettura, per esempio la lettura dei filosofi stoici, hanno spesso un grande potere curativo, sono arti terapeutiche. Per di più spesso possono anche essere divertenti, così il tempo vola. Poi per di più ancora possono anche essere noiose, e se sono noiose sarebbe addirittura meglio così le giornate non finiscono mai, cioè durano di più, e a uno gli sembra di vivere cent’anni e magari ne vive solo sessanta.

venerdì 7 ottobre 2011

Il salotto del martedì - 4 ottobre 2011 - Libertà, di Jonathan Franzen






Un’altra famiglia al centro delle storie e delle analisi psicologiche di Jonathan Franzen, la famiglia Berglund, a partire dalle sue radici familiari, personali, strettamente autobiografiche, per continuare nelle ramificazioni relazionali con gli amici d’infanzia, del college e della vita matura.
Patty e Walter si trovano a vivere una fase di crisi dopo che i figli hanno lasciato la casa: Jessica vive lontana per frequentare l’Università, Joey, ancora molto giovane, ha lasciato la famiglia con un gesto di ribellione e di grave rifiuto, andando a vivere coi vicini di casa, per stare vicino a Connie, la ragazzina alla quale è molto legato. Patty, che nei confronti di Joey ha mostrato un amore preferenziale, soffre questo distacco come uno sfregio, un lutto così profondo che la porta alla depressione e alla dipendenza dall’alcol. I due genitori colti, benestanti, progressisti faticano non poco a gestire questi cambiamenti: dai loro comportamenti educativi si aspettavano altri risultati! Tutto ora è rimesso in gioco, Patty dubita di aver scelto Walter per vero amore, e finisce per tradirlo con Richard, musicista rock, amico del marito: questo rapporto è vissuto con sensi di colpa, con passione, ma senza una vera libertà. Walter, incapace di stare accanto a Patty, così cambiata e distaccata, si dedica completamente alla difesa dell’ambiente, utilizzando l’azione un po’ compromettente di una fondazione miliardaria che da una parte mira allo sfruttamento delle risorse energetiche e dall’altra si applica alla salvezza di specie protette di uccelli o alla lotta contro l’aumento eccessivo della popolazione della Terra.
Joey marca la sua differenziazione dalla famiglia, cercando il successo e il danaro: la sua scelta lo porta a contatto con l’America degli affari della guerra in Iraq, con l’America che costruisce verità ai propri fini per mantenere il potere politico e soprattutto economico.
Dopo aver condotto le loro vite per vie diverse, spesso dolorose e cariche di grandi ripensamenti, i due genitori si ritrovano e si ricostruisce anche un dialogo con i figli su nuove basi.
Uomini, donne, ragazzi, vecchi che cambiano, si trasformano, cercando se stessi nel corpo vivo della società americana, tra gli anni ottanta e gli anni 2000. Una società prima in ascesa fiduciosa, talora un po’ credula e poi spaurita, arrabbiata, spesso rabbiosamente individualista.
L’America della Libertà, della Verità, della superiorità morale, della crescita senza limiti vacilla: chi siamo? dove è andata a finire la nostra innocenza? la nostra superiorità morale? apparteniamo a un paese diviso all’interno delle famiglie, tra sobborghi e metropoli, tra vicini di casa, tra passato e futuro?
Una storia familiare e di maturazione personale come tante altre, ma anche dell’America messa alla prova dall’autoanalisi di donne e di uomini della classe media, che si interrogano sul loro ruolo di genitori e di parte cospicua della società, nel momento in cui le comunità locali diventano sempre più portatrici di interessi individuali meramente egoistici.
A questo punto si deve riconoscere che la narrazione di Franzen fa la differenza per la forte attenzione a ogni sviluppo psicologico ed emotivo: una vera e propria sapienza analitica applicata alle condizioni dei suoi personaggi.
La narrazione ha due parti essenziali, incentrate nell’analisi che la protagonista fa dell’autobiografia (redatta su consiglio del suo terapeuta): nella prima vengono ricostruite, con un'autoanalisi minuziosa, e si potrebbe dire di liberazione, talora quasi ironica, le relazioni di Patty con la madre, con il padre e le sorelle, il rapporto di dedizione con l’amica ossessiva, la competitività ingarbugliata sul campo da gioco della pallacanestro, le scelte di madre e di moglie; nella seconda parte, che viene presentata come “Una specie di epistola di Patty Berglund per il lettore”, c’è il racconto della costruzione faticosa, ma positiva di una biografia autonoma della protagonista, che accetta la solitudine per ricercare i legami con la famiglia d’origine, con i propri bisogni e la propria vocazione.
Altri capitoli essenziali sono dedicati a Walter; viene ricostruita la sua origine: una famiglia svedese immigrata all’inizio del ventesimo secolo in cerca di libertà, benessere e indipendenza, con caratteristiche peculiari di rabbia, dissenso, isolamento. Walter però coltiva la sua differenza nel senso di responsabilità: responsabilità verso la famiglia, l’ambiente, l’amicizia. Il suo lutto sta proprio nel dover accettare che ogni buona strada comporta dei compromessi. In questi capitoli viene a galla la passione ecologista dell’autore, la sua esperienza di osservatore della natura, l’analisi piuttosto pessimista dei rapporti tra capitale, politica e ambiente.
Al centro del romanzo fa da motore il rapporto dialettico depressione/libertà; la depressione appartiene all’uomo e alla società quando entrano nel cammino della consapevolezza e dell’indipendenza. Depressione, perché non si è più certi di sé, di quanto è stato costruito dalle generazioni passate, perché si avverte il cemento franante delle relazioni personali, la ragnatela delle bugie, delle falsità del potere. La trama delle storie individuali e delle famiglie mostra la faticosa ricerca di altre basi fondative per un patto che favorisca legami più liberi nelle famiglie, nelle piccole comunità, nella Nazione, tra cittadini e Stato.
Cosa chiedevano all’America le famiglie d’origine emigrate dall’Europa? Spazi “selvaggi” di libertà dove costruire, nel rischio e nella responsabilità, comunità ed individualità originali, nutrite dell’orgoglio e della certezza di essere unici. I loro eredi, la nuova classe media, inquieta e rabbiosa, amaramente riconoscono che i padri, le classi dirigenti e il potere economico non sono esenti da macchie, che l’America della natura libera e selvaggia è ridotta, da una parte a riserve naturali di libertà condizionata per uomini e animali, e dall’altra a sobborghi ordinati e lindi, dove scopri che il tuo vicino ti odia, ti disprezza e diffida di te; che le donne ancora competono facendo i conti con devastanti sensi di colpa.
Alla libertà dei grandi spazi si sono sostituite le metropoli, dove si può ritrovare l’accettazione delle diversità, dove confluiscono ancora una volta uomini e donne da ogni parte del mondo, sperando nella libertà di esprimersi e di giocare le proprie caratteristiche di originalità.
In un saggio del 1996, Franzen ha scritto che lo scrittore di romanzi si carica di tutto il dolore dei personaggi che rappresentano la società intera; anche in Libertà l’autore vuole dare un quadro corale della società americana (in particolare della costa orientale) carica di tensione, poco riconoscibile nelle nuove generazioni, consapevole del declino politico, morale ed economico. Alla base della scrittura di Franzen c’è il problema di preservare l’individualità e la complessità in mezzo al frastuono, alla durezza, alla violenza dei tempi, alle distrazioni della cultura di massa.
Il suo messaggio finale tuttavia esprime mitezza e gentile fiducia nella possibilità di reggere la verità, di ricominciare a parlarsi, di offrire e saper accettare gesti gratuiti di vicinanza. Fiducia, infine, nell’istinto così come si può osservare nel miracolo di un uccellino che infine ce la fa a riprodursi.
Quando la depressione riesce a mantenersi su un fondamento di responsabilità verso di sé, verso la famiglia, la società e l’ambiente, riconduce gli uni agli altri e libera dalla violenza della rabbia .
(a cura di Luisa Magnani)

giovedì 6 ottobre 2011

Uomo e donna li creò




Parte il gruppo di lettura della biblioteca Delfini condotto da Elena Bellei. Filo conduttore il rapporto uomo-donna. Il gruppo si incontrerà il sabato mattina dalle 10 alle 12, a partire da sabato 12 novembre, in sala conferenze. Nella colonna di destra, troverete il calendario degli incontri e la presentazione del percorso a cura di Elena Bellei.

Ci si può iscrivere dal 12 ottobre, telefonando ai numeri:

059 2032978 / 059 2032931 / 059 2032940

martedì 4 ottobre 2011

Il salotto del martedì - Verso "Libertà" di Jonathan Franzen

Si riparte con i gruppi di lettura (e non solo...) della stagione 2011-2012.

Parte per primo il gruppo di lettura "Il salotto del martedì", organizzato e gestito dall'Università per la libera età Natalia Ginzburg. Per leggere la presentazione del percorso 2011-2012, cliccate nella barra a fianco su "Salotto del martedì". Sempre nella colonna a fianco, il calendario degli incontri.
A breve saranno pubblicate anche le informazioni sul nuovo gruppo di lettura condotto da Elena Bellei, "Uomo e donna li creò" e sul nuovo corso di scrittura "Leggere/Scrivere - Scrivere/Leggere", condotto da Ugo Cornia.


Il gruppo "Il salotto del martedì" ha letto durante l'estate il libro di Jonathan Franzen Libertà, e dedicherà quindi il primo incontro a scambiarsi impressioni e opinioni su questo libro, che Matilde Morotti, una delle due conduttrici, introduce così:
Chi conosce Le correzioni, sa che uno dei temi preferiti di Jonathan Franzen è la “vera famiglia americana”, quella in cui i genitori cercano di tirare su i figli in modo perfetto e naturalmente falliscono. Anche in Libertà (il romanzo che il presidente Obama ha deciso di leggere durante le vacanze) c'è una famiglia apparentemente esemplare, con il padre e la madre che restaurano con grande impegno una villetta vittoriana e si prodigano nell'educazione dei due figli; amatissimo e fonte d'orgoglio per la madre soprattutto il figlio maschio, il biondo Joey.
Passa il tempo e si scopre che Joey ha spezzato il cuore della mamma andando a vivere con gli odiati volgarissimi vicini; d'altra parte la madre sprofonda nelle depressione anche a causa del fallimento del suo matrimonio: ha sposato infatti il “bravo ragazzo” Walter, pur essendo da sempre innamorata dell'amico di lui, la rockstar Richard.
Una storia di famiglia, quindi, i cui temi sono l'amore, il matrimonio, l'educazione dei figli.
Ma Franzen è uno scrittore fluviale, e le 622 pagine costituiscono un vasto affresco che ambisce a darci un quadro esauriente della società americana di fine-inizio millennio, dall'era dei figli dei fiori all'11 settembre. Oltre alla famiglia,un altro argomento-cardine è l'ecologia, dato che il protagonista maschile, Walter, è un ambientalista convinto e decide (sia pure in modo un po' contraddittorio) di salvare la “dendroica cerulea”, un uccellino americano in via d'estinzione. Purtroppo, per raggiungere lo scopo, fa un patto col diavolo, cioè con la grande compagnia che , in cambio della salvezza dell'uccellino, decide di sfrattare duecento abitanti per scavare la cima di alcune montagne del West Virginia.
Insomma un romanzo di vasto respiro, ricco di personaggi ed argomenti, che mette in luce le tortuosità, gli errori e i compromessi attraverso cui si snoda la vita di tutti.





















martedì 13 settembre 2011

Ti consiglio un libro... anzi due: Veladiano, Nemirovsky



Per una strana causalità, tra i vari libri infilati nella valigia delle vacanze ce n'erano due, letti uno dopo l'altro, che tendevano a mescolarsi nella testa, per una serie di echi.
Il primo, La vita accanto, di Mariapia Veladiano (Einaudi 2011), è la storia di una bambina e poi di una donna che deve fare i conti con la sua bruttezza, una bruttezza vera, non una di quelle piccole imperfezioni che ogni donna è così abile a riconoscere nello specchio. A questo insulto della natura e della sorte, si aggiunge la convinzione che proprio la sua bruttezza sia la causa del comportamento della madre, che dal giorno della sua nascita rifiuta ogni contatto con lei, chiudendosi in una cupa solitudine. Altre figure, sempre femminili (poiché il padre, elegante e gentile, in realtà non riesce a fare nulla per la sua bambina, se non isolarla ancora di più “per proteggerla”) si fanno carico di accogliere Rebecca, di amarla, di incoraggiarla: la governante Maddalena, l'amica, la zia. E infine si scoprirà che anche la madre non rifiutava la figlia, ma la vita stessa, in un contesto di affetti familiari confusi.
Rebecca quindi, in qualche modo, ce la farà a entrare nella vita, anche se un po' lateralmente, un po' “in ombra”, aiutata da uno straordinario talento musicale, che le consentirà di esprimere la ricchezza della sua vita interiore.

Il secondo, Il vino della solitudine, di Irène Némirovsky (Adelphi 2011), definito il più autobiografico e personale dei libri della scrittrice ebrea di origini russe, che pochi anni dopo morirà in un campo di concentramento, racconta dell'infanzia infelice della piccola Hélène, la cui madre è troppo concentrata su di sé o impegnata a farsi corteggiare dal suo giovane amante per accorgersi del bisogno di amore della figlia. Anche qui dunque un sofferto rapporto madre-figlia. E anche qui una figura femminile diversa dalla madre, che si fa carico di amare e ascoltare Hélène, Madamoiselle Rose, l'amata istitutrice, il cui nome si sostituisce a quello della madre nelle preghiere serali. Hélène, che intanto si trasforma da bambina un po' goffa in affascinante giovane donna, medita verso la detestata madre la più crudele delle vendette. Ma alla fine prevale in lei il desiderio di andare oltre. Da un'infanzia infelice non si guarisce mai, eppure “non si può essere infelici quando si ha questo: l'odore del mare, la sabbia sotto le dita... l'aria, il vento”. Gli anni dell'infanzia sono stati terribilmente duri – dice ancora la Némirosvky - “ma mi hanno temprata, hanno rafforzato il mio coraggio e il mio orgoglio. E questo mi appartiene. E' la mia ricchezza inalienabile. Sono sola, ma la mia solitudine è aspra e inebriante”.

Due donne, due infanzie difficili, due madri assenti, due diverse vie di riscatto.

mercoledì 17 agosto 2011



Ti consiglio un libro - Nuraghe Beach di Flavio Soriga

Flavio Soriga, Nuraghe Beach. La Sardegna che non visiterete mai, Laterza 2011

L'ultima opera di Flavio Soriga, Nuraghe Beach, è un bellissimo e intrigante invito al viaggio, rivolto a chi è curioso, non ha fretta ed è alla ricerca dei tratti distintivi di un popolo e di un luogo.
Il libro si presenta con una struttura originale: una Premessa, composta da ben 43 brevi capitoli, e Nuraghe Beach, di soli cinque capitoli, cui si aggiunge Bonus Track, una vibrante canzone reggae (Campidano Kiss).

La Premessa vive di due narrazioni parallele: l'epilogo della storia amorosa di Nicola e Marta, sospesa fra Roma e la periferia cagliaritana, e il dialogo fra Nicola e la cugina Katia, vivace sostenitrice del progetto di guida della Sardegna da intitolare Nuraghe Beach.
Questi due filoni narrativi si sviluppano in un contesto, la Sardegna, del tutto antiretorico e lontano dai fasti della Costa Smeralda, tessuto di città e paesi sfiorati dalla modernità, in cui è faticoso vivere, ma dove è necessario ritornare per ritrovarsi e ripartire.

E allora, come in un film sulla propria terra girato con amore incondizionato, scorrono davanti agli occhi i tanti fotogrammi della Sardegna di Nicola: Cagliari, la sua sterminata periferia, il fertile Campidano, dove si succedono paesi che sono ognuno un mondo a sé.

Questa sardità cagliaritana, mite e ironica, si misura senza complessi di inferiorità con i miti dello star system globale, addomesticandoli. Così capita per le moto fatte arrivare via mare dall’America da George Clooney, in vacanza con la Canalis a Tresnuraghes, per un viaggio tra Alghero e Bosa. Proprio a Tresnuraghes? “Ah, yeah, Tresnuraghes, sounds good”, dice lui. “La ragazza della porta accanto (…), in vacanza con George, ma non a Saint Tropez, non a Capri, non a Venice Beach, non a Montecarlo, non a Portofino, non a Forte dei Marmi. No, santo cielo: a Tresnuraghes”.

La sezione Nuraghe Beach presenta le testimonianze di diversi autori dedicate allo scudetto del Cagliari del 1970, vero catalizzatore di sardità, e in particolare a Giggiriva, moderno eroe originario di Cugliano, profondo nord, che ha scelto di restare a Cagliari.

La sezione Bonus track completa la narrazione col ritmo reggae di Campidano Kiss, un gesto poetico che vuole essere suggello affettuoso per chi ha assaporato il senso dei luoghi esclusi dai circuiti turistici di massa: “Questo bacio sardo speciale / un bacio osceno, senza pudore / senza finzioni, un po’ d’amore / e molta forza d’attrazione / un bacio impudico, osceno, enorme, arrogante, ma senza pretese / un bacio sardo campidanese”.

Come precisa la dedica in calce, Nuraghe Beach è proprio un atto d’amore verso Cagliari e la Sardegna, verso i “sardi che vanno e a quelli che restano / ai migranti e a chi li accoglie / nostra patria il mondo intero”.

Flavio Soriga è nato a Uta (CA) nel 1975, ha scritto:
Diavoli di Nuraiò (Il Maestrale 2000, Premio Italo Calvino), Neropioggia (Garzanti 2002, Premio Grazia Deledda Giovani), Sardinia Blues (Bompiani 2008, Premio Mondello Città di Palermo), L´amore a Londra e in altri luoghi (Bompiani 2009, finalista Premio Pen Club, vincitore Premio Piero Chiara), Il cuore dei briganti (Bompiani 2010).

lunedì 1 agosto 2011

Ti consiglio un libro - La voce delle immagini di Chiara Frugoni

Chiara Frugoni. La voce delle immagini. Pillole iconografiche dal Medioevo, Einaudi 2010.

A chi non è mai capitato, ad una mostra o in museo, di leggere termini astrusi sulle didascalie di un quadro o di una scultura, di giudicare incongruente la serenità di una Madonna ai piedi del figlio crocifisso oppure di non capire la disposizione delle figure e degli edifici in un quadro che non rispetta le proporzioni e ci racconta una storia con mille dettagli incomprensibili?

“Se non conosciamo il significato di una lingua rimaniamo magari colpiti dalla sua musicalità, ma la nostra superficiale comprensione non permette un dialogo e un arricchimento. Le immagini medievali si esprimevano con una loro lingua fatta anche di gesti in codice, di convenzioni architettoniche, di dettagli allusivi, di metafore, di simboli: se non li conosciamo, quelle immagini non hanno voce”.

Chiara Frugoni – studiosa del Medioevo - si è messa nei nostri panni e con il rigore dello storico che non dimentica mai di citare le fonti, ci offre preziose chiavi di lettura alle opere degli artisti medievali. Grazie al suo aiuto impariamo a riconoscere i gesti del comando, della sottomissione e dell’umiltà; le posture della sconfitta, dell’opposizione, della sofferenza e della perplessità: sentimenti e passioni che non possono trasparire dai volti, quasi sempre impassibili. Dai gesti della parola riconosciamo le situazioni narrative; risaliamo alle fonti dell’iconografia degli evangelisti, delle gerarchie angeliche e in particolare degli arcangeli; impariamo a riconoscere le fogge dell’abbigliamento liturgico, i segni di identificazione e di discriminazione imposti ai diversi (ebrei ed eretici soprattutto) e quelli utili a distinguere puntigliosamente i beati dai santi, i santi defunti da quelli dipinti quando ancora erano in vita. Nelle composizioni architettoniche dei quadri le leggi della prospettiva a volo d’uccello sono ricondotte ai canoni estetici e alle necessità didattiche della Chiesa del tempo. E ancora, le raffigurazioni di Cristo in Croce - trionfante o sofferente - e l’iconografia della Passione, con il significato simbolico degli animali del Bestiario.

Un saggio che cattura più di un romanzo.