giovedì 18 marzo 2010
Leggere il padre
Continuiamo con questo gioco, di onorare le ricorrenze non con i fiori e i cioccolatini (o non solo con i fiori e i cioccolatini) ma anche con le letture.
Tre proposte, per cominciare: Benedetta Tobagi, Come mi batte forte il tuo cuore. Storia di mio padre, Einaudi 2009. Per introdurlo, alcune righe tratte dalla recensione di Roberto Saviano, apparsa su Repubblica.
"Molti libri iniziano davvero nel titolo. Il titolo non è lì a sintetizzare, a suggestionare, a indicare. Il titolo è già un capitolo, anzi è il primo capitolo del libro. In questo caso, per il libro di Benedetta Tobagi, il titolo è davvero fondamentale. Non solo perché è il più bel titolo di un libro uscito negli ultimi anni, ma perché è capace di suggerire senza tradire tutto quanto ci sarà dentro quelle pagine che protegge come un sigillo. Come mi batte forte il tuo cuore: il verso della poetessa Wislawa Szymborska. E il sottotitolo è Storia di mio padre. Il padre di Benedetta è Walter Tobagi, il giornalista del Corriere della sera ucciso nel maggio del 1980 a Milano, dai terroristi della Brigata XXVIII marzo [...]
Quello che Benedetta Tobagi fa è togliere al padre l'elmo da eroe. Proprio nei modi raccontati da Omero. Ettore, prima della battaglia, si avvicina a salutare il piccolo Astianatte che però scoppia a piangere, perché non lo riconosce. Ettore allora si toglie l'elmo e Astianatte gli salta al collo. Benedetta Tobagi fa lo stesso: 'Imbarcarmi in una duplice ricerca intorno alla persona pubblica e privata di mio padre è stato il modo di sfilargli l'elmo impostogli dalla retorica postuma' [...].
Questo libro non poteva essere scritto che da una persona nata in una famiglia di persone che si amavano. E' una fesseria credere che le famiglie felici si somiglino tutte e quelle infelici sono infelici ognuna a modo suo. Ancha la felicità ha una declinazione tutta sua".
Seconda proposta: Alda Merini, Padre mio, Frassinelli 2009, l'ultimo libro di Alda Merini, dedicato alla memoria del suo padre spirituale David Maria Turoldo, di cui dice:
"Volevi che tutto fosse un ringraziamento
capace di scendere e di risalire
come se l'universo fosse la gola di un canto".
E nell'ultima lirica di Padre mio, gli mette in bocca queste parole:
"[...]da qui ti guardo,
da ogni luogo in cui tu respiri.
Anche se non credi
io ti porterò con me
sulla cima dell'universo
dove tu potrai vedere
le tempeste della tua vita.
E scoprirai quel giorno
che Dio fa una cosa sola:
disperde il nostro profumo
nell'infinito
per dare vita al Suo respiro."
La terza proposta è Virginia Galilei, Lettere al padre, Salerno 2002. Il volume raccoglie le lettere che, tra il 1623 e il 1633, Virginia Galilei, figlia del celebre scienziato, scrisse al padre. Virginia, figlia naturale, e perciò destinata alla vita monastica, con il nome di Suor Maria Celeste, si rivolge all'illustre padre chiamandolo "Vostra Signoria" e fa accompagnare le sue missive da piccoli doni (dolciumi confezionati da lei, come cedri canditi e cantucci). Per Virgina scrivere è una occupazione vitale ("restringo in questa carta tutto quello che gli cicalerei in una settimana") e con ansia aspetta le lettere del padre ("Metto da parte e serbo tutte le lettere che giornalmente mi scrive V.S. e, quando non mi ritrovo occupata, con mio grandissimo gusto le rileggo più volte"). Dietro il velo della modesta cronaca quotidiana, queste lettere fissano in realtà uno sguardo drammatico sulla società del tempo che ebbe in Virginia monaca clarissa, col nome di suor Maria Celeste - una testimone d'eccezione. Dalle sue lettere traspare, oltre all'attaccamento al padre e alla partecipazione al dolore per la condanna del Sant'Uffizio, una descrizione della vita monastica fatta più di brividi di freddo e languori di debolezza che di estasi e rapimenti mistici.
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"Ho scritto di mio padre in diverse occasioni; in pezzi lunghi e brevi, e in vari romanzi. Il personaggio che ne esce è limpido, senza ambiguità: è lui da capo a piedi. Si può descrivere una vita in cinque volumi, oppure in una sola frase. Per esempio questa: Alfred Tayler, un uomo sano e vigoroso, fu gravemente ferito nel corso della Prima guerra mondiale, cercò di vivere come se non fosse invalido a tutti gli effetti, poi la malattia ebbe il sopravvento e alla fine di una vita troppo breve implorava: Per non far soffrire un vecchio cane lo si sopprime, perchè non fate così anche con me?". Questo un breve stralcio del meraviglioso ritratto del padre di Doris Lessing in "Alfred e Emily".
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