martedì 8 febbraio 2011
Leggere con Ugo Cornia - 2 febbraio 2011 - La fondazione
Ciò che distingue La fondazione da molte altre meditazioni sulla vita e la morte è che la questione viene qui affrontata non soltanto riguardo a persone, ma anche a cose. In che senso però delle cose possono avere una propria vita?
Le cose continuamente raccolte, osservate e spostate dal protagonista hanno un vero e proprio “comportamento”: riempiono il suo spazio e la sua solitudine, non tradiscono mai la sua fiducia, danno un senso estetico alla sua esistenza. Vi è quindi uno stretto rapporto di vita tra l'uomo e le cose: esse vivono attraverso di lui e viceversa. La vita rende distinguibile ognuna di queste cose e fa sì che una loro catalogazione sia del tutto superflua.
Il momento più profondo del rapporto tra il protagonista e le sue cose è quando viene buttato via tutto. Che senso ha questo gesto? Si tratta forse di un passo indietro, guidato dal pentimento tardivo di avere fondato la propria vita su delle cose? Semmai è vero il contrario: il protagonista riconosce che, fuori dal rapporto con lui, quelle cose perderebbero la vita, poiché nessun altro sarebbe capace di ascoltarle e interpretarle. Le cose non sono quindi escluse dalla tragicità dell'esistenza, ma ne vengono anzi coinvolte in pieno.
Vi è qualche elemento che differenzia la vita di un uomo da quella delle sue cose? Baldini suggerisce che questo elemento sia la capacità di esprimersi attraverso un linguaggio: nel monologo è espressa infatti la prospettiva di una persona, non di una cosa, e non potrebbe essere altrimenti. La fondazione è stata originariamente scritta in dialetto. Ci si potrebbe domandare se la traduzione in italiano preservi tutte le sfumature del rapporto tra il protagonista e le sue cose, ma un'eventuale risposta potrebbero fornirla soltanto quelle cose stesse.
Le cose continuamente raccolte, osservate e spostate dal protagonista hanno un vero e proprio “comportamento”: riempiono il suo spazio e la sua solitudine, non tradiscono mai la sua fiducia, danno un senso estetico alla sua esistenza. Vi è quindi uno stretto rapporto di vita tra l'uomo e le cose: esse vivono attraverso di lui e viceversa. La vita rende distinguibile ognuna di queste cose e fa sì che una loro catalogazione sia del tutto superflua.
Il momento più profondo del rapporto tra il protagonista e le sue cose è quando viene buttato via tutto. Che senso ha questo gesto? Si tratta forse di un passo indietro, guidato dal pentimento tardivo di avere fondato la propria vita su delle cose? Semmai è vero il contrario: il protagonista riconosce che, fuori dal rapporto con lui, quelle cose perderebbero la vita, poiché nessun altro sarebbe capace di ascoltarle e interpretarle. Le cose non sono quindi escluse dalla tragicità dell'esistenza, ma ne vengono anzi coinvolte in pieno.
Vi è qualche elemento che differenzia la vita di un uomo da quella delle sue cose? Baldini suggerisce che questo elemento sia la capacità di esprimersi attraverso un linguaggio: nel monologo è espressa infatti la prospettiva di una persona, non di una cosa, e non potrebbe essere altrimenti. La fondazione è stata originariamente scritta in dialetto. Ci si potrebbe domandare se la traduzione in italiano preservi tutte le sfumature del rapporto tra il protagonista e le sue cose, ma un'eventuale risposta potrebbero fornirla soltanto quelle cose stesse.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Consiglio a chi è affascinato dalle cose e da ciò che esse narrano (o tacciono), una visita al Museo Ettore Guatelli, a Ozzano Taro, direzione La Spezia. Da non confondere con un museo etnografico o della civiltà contadina, la casa museo è davvero un "bosco delle cose", dove i più vari oggetti, raccolti, moltiplicati, composti in grafici e disegni, danno vita a nuove "cose" e diventano narrazioni.
RispondiEliminaDa non perdere!
http://www.museoguatelli.it/