lunedì 28 febbraio 2011
Leggere con Ugo Cornia - verso "La cantina", di Thomas Bernhard
Un giorno un ragazzo arrivato a un incrocio decide che invece di andare verso il centro della città, cioè verso il suo liceo, andrà nella direzione opposta, cioè verso la periferia e verso l’ufficio del lavoro e alla fine verso la drogheria del Podlaha. Lì, in quella drogheria, esercitandosi nel commercio, scoprirà la felicità, e questa felicità durerà per un po’ di tempo. Poi, come al solito, per un motivo o per un altro, le armonie che uno riesce a creare nella propria vita si rompono, tutto va a rotoli e se si scampa bisogna ripartire. Questo libro, “La cantina”, è uno dei cinque volumi dell’autobiografia di Thomas Bernhard, un libro che io ho letto e riletto con grande piacere e divertimento. Anche se in realtà qui l’autore, scaricando sacchi di patate mentre sta piovendo a dirotto, inaugurerà una specie di suo lungo itinerario nella malattia, il libro a me è sempre sembrato un bellissimo trattato sulla salute mentale e vitale.
Ugo Cornia, conduttore del Gruppo di lettura
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[commento inviato da Luisa Magnani]
RispondiEliminaIn seconda elementare, avevo appreso da Achille, un compagno di scuola più istruito, che quando qualcuno ci tormenta si può esplodere con un efficace “crepa!”. Allora vivevo l’esperienza di un parente che tutte le volte che faceva dei doni mi sottoponeva a frustranti attese:... indovina... è nella mano destra o nella sinistra? se mi reciti una poesia... e altre torture che non sto a dire; io non ebbi però mai il coraggio di augurargli quella esplosiva fine. Un’elegante zia, invece, mi presentava sempre degli incarti strepitosi che mi strappavano baci di gratitudine, ma poi i doni erano talora un po’ deludenti. Col tempo e l’esperienza ho capito che l’uno e l’altra sono stati i miei allenatori in fatto di narrazioni. Ci sono narrazioni che quando mi prendono hanno una forma talmente amichevole e affascinante che ad ogni pagina mando baci e sorrisi all’autore, respiro a pieni polmoni e chi mi guarda ha la sensazione che io stia su una nuvola; non è poco, ma talora è tutto lì.
Di fronte a Thomas Bernhard, che sembra voler respingere il lettore con un andamento narrativo ossessionato, con la cupezza e la furia dei suoi personaggi, mi verrebbe spontaneo di dire “crepa!” e di non terminare la lettura, ma, resistendo alla frustrazione, ho scoperto che ci regala delle perle di incomparabile bellezza e saggezza: ”Sono uno di quegli individui che in definitiva non sopportano un solo luogo al mondo, che sono felici soltanto in viaggio tra due luoghi, quello che hanno appena lasciato e quello che stanno per raggiungere” e ancora l’elogio dell’isolamento “... fare pulizia nella mia testa... rimettere le cose al loro posto, eliminare spietatamente quello che non serve”. Bernhard, ci conduce con sé “a scopo di studio” in un mondo che ci sembra ripugnante, estremo, devastato, e ci mostra che è proprio quello in cui viviamo e che possiamo affrontarlo, imparando a vivere l’incertezza, con un’inespressa pietà per l’infelicità degli uomini tutti “una mostruosa comunità di morituri” che recitano una commedia sul palcoscenico della vita che ”è una scuola nella quale si insegna la morte”. (Luisa Magnani)