lunedì 15 novembre 2010

Leggere con Ugo Cornia - 3 novembre 2010 - La promessa

Primo incontro del gruppo e confronto a più voci su un giallo sui generis, che si dichiara fin dal sottotitolo (requiem per il romanzo giallo) e anticipa subito le conclusioni: “un fatto non può tornare come torna un conto, perché noi non conosciamo mai tutti i fattori necessari ma soltanto pochi elementi per lo più secondari. E ciò che è casuale, incalcolabile, incommensurabile ha una parte troppo grande”.
Di seguito, una piccola cronaca in presa diretta dello scambio tra i lettori e il conduttore. Le conclusioni sono aperte e, dato il libro di cui si parla, non potrebbe che essere così.


Ugo Cornia, che non ama i gialli, l'ha letto una decina di volte, catturato da questa particolarità: diventa matto chi ha fatto l'ipotesi giusta, come se la follia fosse più 'coerente' della normalità. Un esperimento perfetto incappa in un'eccezione statisticamente irrilevante, sufficiente però a determinare la storia.

Non c'è tutta questa differenza tra killer e poliziotto, forse il secondo non è migliore del primo. Colpisce l'elemento ossessivo di tutto il libro, che relativizza bene e male (Rossana). Matthai, il poliziotto protagonista, giura una cosa che non riesce a fare e finisce ubriaco; l'ebbrezza cresce, e monta man mano che gli insuccessi si accumulano, in un parallelismo tra giuramento e ubriachezza (Fausto). Il narratore, comandante H., e Matthai sono servitori pubblici, che vivono in tempi pesanti simili agli attuali: “da quando gli uomini politici deludono in misura tanto grave … la gente spera che almeno la polizia sappia mettere ordine nel mondo”. Se pensiamo che il romanzo è stato pubblicato nel 1958, anche il tema del reato sessuale a danno di una adolescente è una formidabile anticipazione di realtà (Grazia).

C'è differenza se una frase come questa frase la dice uno svizzero o un italiano. In un saggio politico (Gorbacev e Havel: le ragioni della speranza, 1991) Dürrenmatt fa un discorso sulla Svizzera e le galere, per concludere che in Svizzera non ce n'è bisogno perché la Svizzera è una galera da sempre. L'austriaco Thomas Bernhard fa discorsi non dissimili. Nel mondo tedesco la sfiducia nei partiti, anche quelli di sinistra, è vent'anni in anticipo rispetto all'Italia (UC).

E' un romanzo che, senza l'ambientazione svizzera, perderebbe connotazione. Montalbano non sarebbe impazzito, semplicemente perché non si sarebbe mai aspettato una soluzione 'perfetta' (Mirella). E' una riscrittura 'svizzera' di Cappuccetto rosso: il bosco, il cestino.... (UC). La verità ti acceca, come in Edipo.... Si sente tutta la tragedia, e la solitudine, di chi cerca la verità (Irene).

La promessa non è fondamentale, il racconto potrebbe funzionare anche senza, eppure gli dà il titolo.... Tutto è irrazionale, a cominciare dalla promessa di una cosa impossibile. Del giallo ha solo la struttura, ma in realtà è un romanzo filosofico. L'assurdità della vita e la sua imprevedibilità vanificano ogni illusione di razionalità (Enrico). Quanto a questo, potrebbe anche intitolarsi L'incidente in automobile.... Là dove i rapporti tra persone sono così disemotivi, una promessa conta. Dürrenmatt è contemporaneamente figlio e padre di un pastore, ha un'idea teologica di verità, male e delinquenza: la si coglie anche in altri testi, Il giudice e il suo boia, Il pensionato (UC). Va da sé che ogni promessa è un atto di fede. Questo non è un giallo classico, perché nessuno è davvero innocente. La promessa è un debito, un'idea di salvezza, ma c'è un qualche posto per gli eroi sulla terra? E' il romanzo di un moralista. Quello che Matthiae vuol cancellare è il dolore di quei genitori, il dolore del mondo. E' un perdente, ma complesso e sfaccettato come tutti i personaggi contemporanei, che non sono mai tutti buoni, tutti cattivi, tutti innocenti (Luisa). C'entra la Svizzera e la sua cultura, c'entra l'esperimento, ma la promessa non torna, c'è una cesura strana, che non spiega l'abbrutimento che segue. La vecchia che muore è terribilmente mediocre (Nadia). Colpisce come descrive il mondo dei poliziotti: logica e dettaglio. Mentre invece 'il caso' è trattato con frettolosità, tirato via, quasi estraneo al resto del romanzo. Sembrano quasi due mani diverse (Marta). E' un libro fatto di scatole cinesi, un giallo dentro il giallo e allo stesso tempo una riflessione sul giallo: un requiem, perché il giallo semplifica una realtà molto più complessa. (Cecilia). Mi ha colpito la scena dei bambini all'aereoporto, che dà forza e motivo alla promessa. Da lì muove uno scatto di passione, anche se è crudele che il bene sia beffato dalla verità. Il bene può anche non pagare (Alessandra). Il ruolo del caso in tutta la storia è ironico (Mariella), o forse tragico (Alessandra).

Il giallo è un genere edulcorante rispetto alla morte, che ha sempre una spiegazione, una ragione profondamente umana. Il giallo dà delle risposte, è consolatorio. Ma è un'ironia che non fa ridere, perché nella realtà si muore lo stesso, anche se non c'è nessuno che ti ammazza (UC).
Questo romanzo anticipa la discussione tra giallo e noir, tra legge e giustizia. Mentre il giallo spiega ed è consolatorio, il noir lo è molto meno (Emilio).

L'idea di Dürrenmatt è che il mondo è irrimediabile. La realtà è quel che è e, se provi a migliorarla, peggiora. I romanzi non danno messaggi di fondo in senso chiaro, se no sarebbero saggi. C'è un richiamo, voluto, al personaggio Von Gunten di Walser, un'ironia sotto traccia che rende ogni cosa incerta (UC).
Nel personaggio della vecchia colgo un simbolo della decadenza borghese. La fine di un potere raramente è eroica. Questi personaggi piccolo-borghesi non sono tanto mostruosi quanto 'finiti' (Grazia). L'espressione più grande del cinismo è che il male viene rappresentato come una favola, alla fine della bambina uccisa ti interessa poco (Alessia). Matthai non è cinico, è 'sperimentale'. Non è simpatico, ma ci si affeziona, perché il suo estro scientifico è il cuore della storia (UC).

Alla fine, il gruppo si divide sull'ultimo capitolo: c'è chi ne avrebbe fatto a meno, e chi avrebbe preferito un finale diverso.

Ma non sarebbe stato lo stesso libro. Matthai non è Don Chisciotte, che scambia i mulini a vento per giganti. Qui c'è la particella x o y, che ti aspetteresti qui o lì, e che va da tutt'altra parte. La verità non si presenta mai dove dovrebbe essere, e questo slittamento così contemporaneo dei piani non ci sarebbe senza l'ultimo capitolo (UC).

2 commenti:

  1. Grazie Polly, un gran lavoro.
    E, per me, una nuova esperienza.
    Gradevole, interessante. Ringrazio qui anche il comitato di accoglienza, chi prepara il caffè, chi dispone le sedie. Chi rimette ordine alla fine.
    Chi lavora per mostrare che c'è modo di stare insieme davvero.
    Alla prossima.

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  2. sono stata molto felice di aver partecipato ad una riflessione di lettura in cerchio, mi è PIACIUTA MOLTO PER LA POSSIBILITà DI ESPRIMERE IDEE CONDIVISE CON ALTRI AMANTI DELLA LETTURA.
    CIò PREMESSO
    POSSO DIRE CHE IL LIBRO LA PROMESSA HA SUSCITATO IN ME DIVERSE SENSAZIONI ED EMOZIONI, SOTTOLINEO IL FATTO CHE LA BAMBINA SOMIGLIANTE A CAPPUCCETTO ROSSO è MOLTO PARTICOLARE, UN Pò SUGGESTIVA E RICORDA ANCHE LA FAVOLA ANCHE SE IN UN TONO PIù DA GENERE GIALLO.
    POSSO DIRE CHE LA PRIMA PARTE DEL LIBRO CIOè TUTTI I CAPITOLI TRANNE L'ULTIMO LI HO LETTI IN MODO TRANQUILLO.
    L'ULTIMO CAPITOLO è PIù VIVACE, LO LEGGEVO IN UN MODO MOLTO APPASSIONATO E LA FIGURA DELLA SIGNORA CHE STA CON L'ASSASSINO MI FA UN Pò PENA PERCHè NON SI CURA DI NESSUN ASSASINIO DELLE BAMBINE, COSì SI COMPORTA CON NO CHALANCE SOLO PERCHè GLI FA COMODO STARE CON QUESTA PERSONA CHE GESTISCE TUTTA LA SUA CASA.

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