Tra gli scrittori americani di fantascienza,
Ray Bradbury è sicuramente il più 'letterario', un poeta della fantascienza, verrebbe da dire, che in
Fahrenheit 451 ha alternato ad uno stile quasi lirico, una scrittura asciutta, più aderente al fatto raccontato piuttosto che all'evocazione emotiva.
Proprio le emozioni sono descritte benissimo in
Fahrenheit 451, in cui Bradbury è in grado di suggerire la tenerezza e la grazia provate da Montag nell'incontro con Clarisse McClellan – che scatenerà poi il sommovimento interiore del pompiere –, ma anche di provocare puro terrore con la descrizione dell'infallibile quanto spietato istinto assassino del segugio meccanico. A volte, la scrittura è talmente intrisa di emozioni che certe frasi risultano perfino incongruenti, sconnesse, dove anche la logica narrativa è vittima dei turbamenti dell'animo.
Fahrenheit 451, sebbene pubblicato per la prima volta nel 1951, è un libro di forte attualità, lucidissima premonizione di un futuro che sembra aderire perfettamente al nostro presente, in cui una TV invadente stordisce gli spettatori che, credendosi attori dello show grazie ad una forma di interattività consolatoria, non percepiscono il pericolo di una passività acritica.
Fahrenheit 451 è un libro decisamente politico, vicino alla 'fantascienza sociologica' alla Orwell e per certi versi anticipatore della 'fantascienza post-apocalittica' di Cormac McCarthy in
La strada.
Diversi sono i temi che informano il romanzo: la lotta per la ricerca dell'autenticità, che rimanda al mito della caverna, nonché a quello della reminiscenza di Platone; la difesa del ricordo, della memoria e della storia, in grado di salvare l'uomo dal ripetere sempre gli stessi errori; l'alleanza, indispensabile per la costruzione di una nuova società; la moderazione, la modestia, l'umiltà che Faber, in particolare, propone come migliore modalità di trasmissione di una verità; il rifiuto del dolore e dell'infelicità che porta le partorienti a richiedere ossessivamente il taglio cesareo o Mildred a dimenticare addirittura di aver tentato il suicidio.
La luna compare sempre in momenti chiave, che suggellano i cambiamenti morali ed etici di Montag, come se la sua evoluzione interiore fosse segnata dalle fasi lunari. Proprio Montag sembra essere l'emanazione terrena della luna: il suo nome, in tedesco, è il giorno della luna, il lunedì, così come il lunedì è il giorno della settimana in cui si bruciano il libri di poesia, di cui il romanzo è così permeato.
Invece Faber è l'uomo che fa, colui che ha a disposizione non solo gli strumenti per comprendere la società in cui vive, ma anche congegni tecnologici utili alla comunicazione. Faber, raccogliendo il testimone di Clarisse, la ragazza luminosa, che porta la luce (paradossalmente S. Chiara è la patrona della televisione...), fa rinascere Montag, riplasmandolo come uomo nuovo, consapevole e critico.
Rimane un dubbio sull'intenzione – o meno – del capitano Beatty di andare incontro alla morte: forse Beatty può aver vissuto lo stesso dramma di Montag, decidendo alla fine di rimanere fedele al regime; forse la sua cultura, fatta di tante letture, lo ha portato a vedere nella morte l'unica via d'uscita da un mondo privo di quei libri da lui stesso amati; oppure, al contrario, i libri letti nel passato sono rimasti un'onta per un ufficiale della repressione e, dunque, un peccato da espiare con la vita.
Taluni aspetti infantili del libro sono enfatizzati nel film di Truffaut, in cui la cittadina che ospita gli eventi sembra una costruzione fatta di mattoncini colorati. L’attrice Julie Christie è sia Mildred che Clarisse, un doppio che bene evidenzia l'ambiguità dell'essere umano. Indimenticabili le scene in cui la
camionetta dei pompieri avanza conducendo uomini-fantoccio impettiti, immagine che vuole forse mettere in ridicolo le pose stereotipate degli uomini di potere delle dittature.
Se fossi uno dei protagonisti della resistenza di
Fahrenheit 451, quale libro impareresti a memoria per preservarlo dall'oblio?